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Abstract: The man is lost without light. The relationship between man and light reveals many hints for teaching in terms of physics, chemistry and preventive medicine.
Keywords: luce; radiazioni UV benefiche; radiazioni UV dannose; creme solari
In ogni momento della nostra esistenza, interagiamo con radiazioni elettromagnetiche dalla natura più disparata laddove ognuna di esse rappresenta, secondo la fisica, la propagazione nello spazio dell’energia del campo elettromagnetico. In questi termini, una radiazione può essere intesa come una perturbazione del campo elettromagnetico dall’andamento periodico nel tempo e nello spazio, nella quale si possono individuare due grandezze (figura 1):
La lunghezza d’onda, λ, intesa come la distanza minima fra due punti caratterizzati dallo stesso valore di campo elettrico (E⃗) e di campo magnetico (B⃗); in altri termini, può essere descritta come la distanza fra due creste o due gole e si misura in metri, [m], secondo il S.I.;
La frequenza, f, intesa come il numero di cicli compiuto nell’unità di tempo; si misura in Hertz, [Hz], con 1 Hz = 1 s−1.
Figura 1. Rappresentazione schematica di una radiazione elettromagnetica, valida sia nel tempo che nello spazio (variabile z)
Queste due grandezze sono unite dalla relazione λ × f = v, dove v rappresenta la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica; nel vuoto; v è uguale per tutte le radiazioni elettromagnetiche ed è indicata, convenzionalmente, come c con valore pari a 299.792.458 m s−1.
A seconda delle lunghezze d’onda, o delle frequenze, si definisce lo spettro elettromagnetico. Ciò che il nostro occhio può apprezzare, ossia la luce visibile, rappresenta una minuta frazione dello spettro che va da 380 nm a 780 nm: il minimo corrisponde a quello che chiamiamo viola, mentre il massimo si riferisce al rosso. Le radiazioni con λ < 380 nm costituiscono la zona dell’ultravioletto, mentre le radiazioni con λ > 780 nm definiscono la zona dell’infrarosso.
La luce ultravioletta, o semplicemente UV, ha un rapporto conflittuale con l’essere umano, da nemico-amico; tale zona dello spettro elettromagnetico può essere ulteriormente distinta in tre regioni che sono UV-A (380-315 nm), UV-B (315-280 nm) e UV-C (280-100 nm).
Per fotosintesi si intende un qualsiasi processo chimico finalizzato alla produzione di una sostanza che sia dipendente dalla luce. Quando se ne parla, si pensa subito alle piante con la ben nota fotosintesi clorofilliana, dimenticando che anche l’uomo è in grado di esplicare un tale fenomeno nell’ambito del metabolismo della vitamina D.
Per poter comprendere ciò, bisogna ricordare cos’è esattamente la cute. La cute, o più volgarmente la pelle, è l’organo di rivestimento dell’essere umano ed è il più esteso che possa essere descritto; essa, infatti, copre una superficie di circa 1,73 m2 e prevede una struttura trilaminare, formata da epidermide, derma e ipoderma, procedendo dall’esterno verso l’interno. L’epidermide è lo strato più superficiale della cute ed è ulteriormente distinguibile in strati (Figura 2); essa è distinta dal derma grazie a una regione di confine ondulata che descrive creste epidermiche e papille dermiche.
Figura 2. Struttura laminare dell’epidermide: lo strato più profondo, lo strato basale, è formato da cellule cubiche attivamente proliferanti che vanno in superficie, divenendo cellule squamose ossia piatte; così, si descrivono lo strato spinoso, lo strato granuloso, lo strato lucido e, infine, lo strato corneo; in quest’ultimo, le cellule perdono il nucleo e desquamano
L’epidermide è formata da più cellule di tipi diversi di cui, il tipo più rappresentato è quello dei cheratinociti: si tratta di cellule cubiche e nucleate nello strato basale per poi divenire squamose e anucleate nello strato corneo, che sono la struttura dell’epidermide stessa e accumulano al proprio interno una proteina detta cheratina; inoltre, essi possiedono un’attività steroidogenica importante, ossia sono in grado di produrre colesterolo e i suoi derivati, fra cui il 7-deidrocolesterolo.
Il 7-deidrocolesterolo è un composto instabile che in presenza di luce ultravioletta si trasforma in colecalciferolo attraverso due reazioni pericicliche. Per la precisione la prima di queste è una reazione elettrociclica in cui si rompe un legame π per formare un legame σ, mentre la seconda è una reazione sigmatropica, in cui si rompe un legame σ per formare un nuovo legame σ, come illustrato nella figura 3.
Il colecalciferolo è definito pro-vitamina D in quanto necessita di una serie di trasformazioni affinché passi dalla forma inattiva a quella attiva, la vitamina D propriamente detta: la prima trasformazione avviene nel fegato grazie all’enzima 25-idrossilasi il quale converte il colecalciferolo a 25-idrossicolecalciferolo; la seconda riguarda il rene che esprime due enzimi differenti che sono la 1α -idrossilasi, che porta al 1α,25-diidrossicolecalciferolo, la forma attiva della vitamina D, e la 24-idrossilasi, che inattiva la vitamina D e ne permette l’eliminazione con le urine dando il 24,25-diidrossicolecalciferolo o, addirittura, il 1α,24,25-triidrossicolecalciferolo.
Figura 3. Fotosintesi del colecalciferolo: avviene in due stadi, il primo è una reazione elettrociclica fotomediata, mentre il secondo riguarda una reazione sigmatropica termo-mediata
Come vitamina D attiva, essa permette un maggior assorbimento intestinale di Ca2+ e un miglior riassorbimento renale di Ca2+, promuovendo la formazione di ossa ben mineralizzate e forti, giacché quando la vitamina D manca, per esempio per una insufficiente esposizione alla luce solare, le ossa divengono più fragili e tendono a incurvarsi sotto il carico del peso corporeo. Si parla, così, di osteomalacia.
Ad accompagnare i cheratinociti, ci sono tante altre strutture anatomiche, fra le quali i melanociti: si tratta di cellule presenti nello stato basale e spinoso dell’epidermide, famose perché attrici dell’abbronzatura grazie alla loro intensa produzione di melanina. La melanina è un composto polimerico derivato dalla tirosina, descrivibile in due forme quali la eumelanina e la feomelanina (Figura 4), entrambe capaci di schermare buona parte delle radiazioni elettromagnetiche emesse dal Sole, sebbene una parte di queste, specie gli UV-B e gli UV-C, rimangono in grado di penetrare la cute ed esplicare ivi danno.
Figura 4. Ruolo biosintetico della tirosinasi nella sintesi dell'eumelanina e della feomelanina
In particolare, la produzione di melanina avviene in appositi organelli subcellulari, i melanosomi, i quali la accumulano, si organizzano intorno al nucleo per proteggere il DNA che è sensibile alla luce UV e, in parte, sono donati ai cheratinociti per il tramite dei pedicelli melanocitari. La sintesi della melanina potrebbe essere considerata una vera e propria fotosintesi anche se l’effetto della luce è indiretto: i cheratinociti producono normalmente una sostanza chiamata proopiomelanocortina, o più semplicemente POMC, che rimane intrasformata; in presenza di raggi ultravioletti, il DNA dei cheratinociti viene gravemente danneggiato e questo attiva il sistema di controllo del DNA più potente in biologia, la proteina p53, che ha numerose funzioni fra cui ridurre POMC in vari frammenti polipeptidici come gli ormoni stimolanti i melanociti, MSH; questi ultimi inducono l’attività dell’enzima tirosinasi che è il punto chiave della sintesi della melanina.
In rari casi, il gene TYR che codifica per la tirosinasi è mutato al che cute e capelli sono candidissimi e si parla di albinismo; tale condizione è una malattia rara e costringe i soggetti affetti a limitare al minimo l’esposizione al Sole per evitare ustioni o, peggio, tumori.
I raggi UV della luce solare possono agire da radiazioni ionizzanti e danneggiare le molecole biologiche come il DNA. In genere, le cellule danneggiate seguono dei percorsi che le portano a morire; talora, però, possono deviare da tale cammino e diventare cellule tumorali.
I tumori della cute sono molto frequenti e spesso coinvolgono i melanociti che danno sia lesioni neoplastiche benigne, i nevi (o nei), sia lesioni neoplastiche maligne, i melanomi. La prevenzione di questi tumori è molto semplice perché basta avere un’esposizione adeguata alla luce solare, prediligendo le prime ore del mattino e le ultime del pomeriggio e avendo cura di usare, sempre e comunque, dei filtri o delle creme solari. Inoltre, sarebbe opportuno rivolgersi a un dermatologo ogni anno per la mappatura dei nevi al fine di evidenziare, controllare ed eventualmente rimuovere lesioni sospette; in tale ambito, c’è molto da lavorare per il Sistema Sanitario Nazionale affinché queste visite specialistiche vengano offerte a prezzi calmierati o, quantomeno, ridotti perché il fattore economico fa sì che molte persone trascurino quest’aspetto importante della propria salute. Poi, va ricordato l’auto-controllo che ognuno di noi può svolgere periodicamente su sé stessi e che si basa sulla regola ABCDE della dermatologia: è una procedura molto semplice da applicare, abbastanza precisa e che permette evidenziare lesioni sui generis a priori (Figura 5).
Figura 5. Regola ABCDE della dermatologia: principali caratteristiche e differenze fra nei e melanomi (https://blog.prevenzioneatavola.it/)
Le creme solari sono il dispositivo di protezione solare più utilizzato assieme agli indumenti e agli occhiali da Sole. La loro bontà può essere valutata in base all’SPF, cioè il fattore di protezione solare che va inteso come l’inverso della frazione di luce che attraversa uno strato omogeneo di protezione: tanto più alto è l’SPF, tanto migliore è la protezione offerta, per cui creme con SPF pari a 50+ vanno preferite rispetto alle altre. Occorre sottolineare che l’SPF dipende solo dalla crema impiegata per cui, applicando due creme con SPF diverso, non si ottiene la somma degli SPF bensì, al massimo, un valor medio.
L’applicazione delle creme solari è importante; tuttavia, è anche opportuno scegliere la propria protezione non solo in base all’SPF, ma anche agli ingredienti utilizzati: tra i tanti, uno da considerare con attenzione è l’octinoxate il quale, in presenza di luce solare, dà reazioni di cicloaddizione (Figura 6) che liberano specie tossiche per la vita marina e che causano l’irreversibile sbiancamento della barriera corallina.
Figura 6. La cicloaddizione[2+2] fra due molecole di octinoxate causa la formazione di dimeri pericolosi per l’ambiente marino quali dimeri testa-coda (truxillati) e testa-testa (truxinati)
Ancora una volta, la luce innesca reazioni al limite della magia, assolutamente da considerare per avere un impatto migliore sulla natura e, comunque, proteggere sé stessi.
Altri composti a cui è bene porre attenzione sono l’oxybenzone, l’homosalate e l’octocrylene, che danno reazioni chimiche molto simili a quelle dell’octinoxate, producendo sostanze che possono procurare danno all’ambiente; ben più sicuri, invece, risultano essere il diossido di titanio, TiO2, e l’ossido di zinco, ZnO, che sono bio-compatibili e offrono un’ottima protezione, malgrado sia stata ipotizzata una loro possibile cancerogenicità.
La luce, nella sua natura più intima, rappresenta costituente di vita e di morte per l’uomo, fonte di salvezza e sorgente di perdizione. Lo sapeva bene Alda Merini che ne La Presenza di Orfeo (1949) scriveva:
Chi ti scriverà, luce divina
che procedi immutata ed immutabile
dal mio sguardo redento?
Io no: perché l’essenza del possesso
di te è “segreto” eterno e inafferrabile;
io no perché col solo nominarti
ti nego e ti smarrisco;
tu, strana verità che mi richiami
il vagheggiato tono del mio essere.
Beata somiglianza,
beatissimo insistere sul giuoco
semplice e affascinante e misterioso
d’essere in due e diverse eppure
tanto somiglianti; ma in questo
è la chiave incredibile e fatale
del nostro “poter essere” e la mente
che ti raggiunge ove si domandasse
perché non ti rapisce all’Universo
per innalzare meglio il proprio corpo,
immantinente ti dissolverebbe.
Si ripete per me l’antica fiaba
d’Amore e Psiche in questo possederci
in modo tanto tenebrosamente
luminoso, ma, Dea,
non si sa mai che io levi nella notte
della mia vita la lanterna vile
per misurarti coi presentimenti
emananti dei fiori e da ogni grazia.
Afferrare l’essenza della luce è difficile, sia come uomini che come anime. Tuttavia, è fondamentale ricordare che bisogna essere fonte di luce in un mondo di tenebre, cioè essere il verbo della verità scientificamente determinabile, in un mondo che sa sempre di più, ma più ignora.