Ancora sul Museo della Scienza di Roma
Luigi Campanella
Università di Roma La Sapienza
Torno sull’argomento Museo della Scienza di Roma, affrontato nel precedente numero di questa rivista, per qualche considerazione aggiuntiva che mi viene dai 50 anni di esperienza
Comprendo perfettamente l’esigenza politica di realizzare un’infrastruttura così importante che, peraltro, soddisfa una richiesta antica della città, ma non tenere conto dei due elementi che seguono mi parrebbe rinunciare agli insegnamenti del passato.
Il primo riguarda lo spazio a disposizione che non è assolutamente sufficiente per un Museo di tipo tradizionale: si tratta di superfici di un ordine di grandezza più piccole rispetto ad analoghe strutture nel mondo. In più c’è il nodo del rapporto all’interno della superficie disponibile fra aree di stretto interesse museale e aree a sfondo commerciale, rapporto che non dovrebbe scendere sotto 4. Sono aspetti che sarebbero brillantemente superati da un Museo che esca dalle mura, che superi la dimensione del palazzo per assumere quella ben più significativa della Rete Culturale che si diffonde nel territorio.
E ora veniamo al secondo elemento rappresentato dall’esistente di cui Roma è ricca e di cui, anche in occasione dell’elezione di Gualtieri a Sindaco di Roma, è stato esaltato il carattere diffuso nel territorio con il coinvolgimento delle varie zone della città, comprese le periferie. Da qui l’esigenza che la nuova struttura nasca come un hub, in accordo con quanto previsto in passato da numerosi progetti e anche da uno più recente proposto dal Dipartimento di Architettura e Programmazione che il Coordinatore, prof. Pier Ostilio Rossi, ha consegnato all’assessore competente.