Biocombustibili o decarbonizzazione?

Fabio Olmi


Indice

Ho assistito alla trasmissione “Report” di RAI 3 del 26/12/22 e, a differenza delle inchieste sempre interessanti e ben documentate che affronta, sono rimasto sorpreso da quanto veniva veicolato in una parte di quel servizio. Si presentava la situazione del termovalorizzatore di Torino che, oltre all’eliminazione dell’ultima frazione dei residui per combustione, permette di ricavare energia elettrica e fornisce calore per teleriscaldamento agli edifici attraverso una tubazione con cui sono connessi.

Si sosteneva, poi, l’esigenza di potenziare con decisione la produzione del biogas da parte di adatte aziende agricole (ad esempio, quelle di allevamento di maiali della val Padana) e si metteva in evidenza la positiva trasformazione di due raffinerie dell’ENI in bioraffinerie, con il risultato di un risparmio nell’importazione di gas naturale e petrolio. In nessuno dei due esempi presentati ci si poneva il problema di una loro validità in funzione di uno sviluppo sostenibile. Sembrava quasi che, sostituendo i combustibili fossili con i biocombustibili, si risolvesse il problema energetico del Paese.

Se può essere accettabile che, nella transizione ecologica, si proceda alla costruzione di termovalorizzatori (pochi) che producono energia elettrica utilizzando il calore ad alta temperatura e recuperano anche il calore di “scarico” a bassa temperatura per il riscaldamento degli ambienti e dell’acqua sanitaria delle abitazioni vicinali ad essi collegate (come avviene, ad esempio, in buona misura a Torino), questa non può essere la soluzione per un futuro sostenibile. Per quanto riguarda poi i biocombustibili, nel servizio non si faceva menzione del fatto che questi, pur essendo “bio” anziché fossili, quando bruciano per liberare la loro energia emettono immancabilmente CO2, esattamente come i combustibili fossili, nonostante lo facciano in misura minore. Anche in questo caso siamo davanti a soluzioni che non riguardano un futuro sostenibile.

Nel servizio, inoltre, si lamentava che i fondi del PNRR dedicati a questi processi fossero esigui, meno di quanto è stato speso per il termovalorizzatore della città di Torino. Questo non costituisce, a mio avviso, una mancanza o poca attenzione al problema, ma suggerisce che il metodo non va stimolato perché non può portare alla necessaria decarbonizzazione.

Qui si tratta di cambiare il paradigma relativo all’impiego dell’energia primaria: si deve passare da energia prevalentemente termica ad energia elettrica. Sarebbe ora che si facesse chiarezza, anche nel nostro Paese, che non è con i biocombustibili che si risolve il problema della decarbonizzazione, perché in questo modo non si fa altro che allungare la vita ai combustibili e quindi ai motori a combustione interna, come i potenti interessi delle grandi compagnie petrolifere, ad esempio l’ENI, spingono a fare. Sarebbe necessario, invece, imitare quanto già è stato fatto e si fa in Spagna, e soprattutto in Portogallo, dove, con decisione e con ottimi risultati, vengono potenziati sia il fotovoltaico[1] che l’eolico per produrre direttamente energia elettrica “pulita”.

E qui entra in gioco il potere politico: se dal governo non partono decisi stimoli per promuovere le rinnovabili, il nostro Paese non riuscirà a raggiungere la produzione elettrica rinnovabile prevista dal PNRR per il 2030 e nemmeno quella prevista per il 2050.

Non per essere pessimisti, ma per guardare in faccia la realtà, si deve costatare che c’è da aspettarsi poco o nulla dall’esecutivo che è emerso nelle ultime elezioni e che si sta muovendo alacremente, come aveva fatto anche il precedente Governo, nel reperire gas da Paesi lontani e poco affidabili (costruendo anche nuovi impianti di degassificazione) e che ha deciso pure di avviare nuove perforazioni in Adriatico, come non fosse scientificamente noto da tempo, tra l’altro, che queste riserve di gas sono molto scarse e risolverebbero il problema del nostro fabbisogno solo per un breve periodo di tempo.



[1] In Portogallo, ad esempio, si sono sfruttati gli specchi d’acqua dei bacini di alcune centrali per collocare sulla loro superficie pannelli solari galleggianti.