«Fece della sua scienza arma per la libertà»

Ricordo di Gianfranco Mattei (1916-1944)

Franco Calascibetta

Presidente del Gruppo Nazionale di Fondamenti e Storia della Chimica

e-mail: franco.calascibetta@fondazione.uniroma1.it

Indice

1. Introduzione

2. L’ambito familiare

3. Gli anni al Politecnico di Milano nel gruppo di Giulio Natta

4. Da docente ad artificiere

5. Il ricordo e l’eredità di Gianfranco Mattei

Riferimenti




Abstract. In early February 1944, Gianfranco Mattei died in a Nazi prison in Rome. Having graduated in chemistry in Florence in 1938, in 1939 he was appointed assistant professor at the Polytechnic of Milan, in the group led by Giulio Natta. In the following years he taught courses in Analytical Chemistry and carried out numerous research projects, documented by 17 publications. After 8 September 1943 he resigned from the Polytechnic and moved to Rome, where he joined the partisan struggle, becoming one of the bomb disposal experts of the GAP, patriotic action groups. Arrested on 1 February, he was taken to Via Tasso and immediately tortured. He died a few days later, almost certainly by suicide, to avoid the risk of compromising his comrades under torture.

Keywords: Gianfranco Mattei, chimici italiani del Novecento; i chimici e la Resistenza

1. Introduzione

A Milano, passando in via Lazzaretto, al numero 16, sulla casa dove Gianfranco Mattei nacque il giorno 11 dicembre 1916, è possibile leggere la targa mostrata in Figura 1.

Da essa ho tratto la frase che riporto nel titolo del presente articolo, perché, senza paura di cadere nella retorica, rischio sempre presente in questo tipo di scritti, penso che comunque lo stretto legame tra competenze scientifiche e passione civile sia stato davvero un tratto distintivo della personalità di Gianfranco Mattei. Tale aspetto appare più che mai degno ancor oggi, a distanza di 80 anni dalla sua tragica morte, di essere ricordato ad esempio di come egli intese con coerenza interpretare il suo ruolo di scienziato e di patriota all’interno della comunità nazionale.


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Figura 1. Lapide per Gianfranco Mattei in Via Lazzaretto a Milano

Di Gianfranco Mattei non sono mancate, negli anni, anche recenti, testimonianze e celebrazioni [1]. Nicoletta Nicolini e io, circa 15 anni fa, scrivemmo già un articolo a lui dedicato su La Chimica e l’Industria, la rivista in cui, negli anni immediatamente precedenti la sua morte, Mattei aveva pubblicato sovente i risultati delle sue promettenti ricerche di chimico [2]. Penso però, anche per esperienza diretta, che egli continui a non essere adeguatamente conosciuto nella comunità chimica italiana e che ricordarlo oggi, in particolare in una rivista rivolta al mondo della scuola e agli insegnanti, sia quanto mai opportuno e importante. Oltre tutto, nella nostra precedente pubblicazione, per motivi di spazio, dovemmo necessariamente limitarci nella scelta degli aspetti da illustrare, trascurandone alcuni, pure significativi. Con il presente articolo, nell’ottantesimo anniversario della sua morte, cercherò di completare il suo ricordo, aggiungendo altri aspetti che mi pare importante sottolineare.

2. L’ambito familiare

Nel caso di Gianfranco Mattei certamente la passione civile e politica derivò dall’atmosfera che fin da fanciullo respirò in famiglia. Il padre Ugo (1883-1945) fu dalla gioventù convinto pacifista. Si oppose fermamente a Mussolini e all’ideologia fascista fin dal suo sorgere. Questo, negli anni, finì per nuocere alle sue attività di piccolo imprenditore e dovette spostarsi più volte di residenza, per esigenze lavorative, insieme alla famiglia. Nel 1913 si era sposato con Clara Friedmann Coduri, milanese, con cui ebbe sette figli nati tra il 1914 e il 1933. Gianfranco fu il secondogenito e nacque a Milano nel 1916. Tra i fratelli e sorelle di Gianfranco, avremo in seguito occasione di parlare diffusamente di Teresa (1921 - 2013), la terzogenita, personaggio che ha rivestito un ruolo importante nella storia italiana, essendo stata tra l’altro, ad appena 25 anni, la più giovane delle 21 donne elette nel 1946 nell’Assemblea costituente [3].

Nelle sue peregrinazioni la famiglia Mattei arrivò infine nel 1933 a Bagno a Ripoli, una località appena fuori Firenze, nella quale si fermò per molti anni. Gianfranco e più tardi anche Teresa frequentarono il Liceo Michelangelo di Firenze. Allo studio era comunque affiancata una segreta attività politica, consistente essenzialmente nella distribuzione clandestina di volantini firmati “Fronte antifascista per la pace”. Villa La Costa, dove abitava la famiglia, era anche il luogo dove spesso si incontravano intellettuali e personalità ostili al regime, quali Giorgio La Pira, Natalia Ginzburg, Ferruccio Parri e altri.

Terminato il liceo, Gianfranco si iscrisse al corso di laurea in Chimica dell’Università di Firenze. La sua fu una scelta personale, in parte forse legata all’ottimismo del padre per un futuro in cui scienze e tecnica avrebbero contribuito a creare un mondo fondato su una sempre maggior capacità di comunicazione e diffusione delle idee. Iniziò gli studi universitari nel novembre del 1934 e si laureò con 110 e lode quattro anni dopo, il 25 ottobre del 1938 [4] (Figura 2).

A partire dal 31 ottobre 1939 venne nominato assistente incaricato presso la cattedra di Chimica Industriale del Politecnico di Milano, tenuta da Giulio Natta (1903 - 1979). Dal dicembre del 1940 fu incaricato dell’insegnamento di Chimica Analitica III. In entrambe le posizioni fu confermato negli anni successivi, lasciando provvisoriamente il Politecnico per due periodi, in quanto richiamato alle armi. Una prima volta, dal maggio al settembre del 1941, prestò servizio a Roma presso l’Ufficio censura della posta estera. Nel secondo periodo, dal 4 maggio all’11 agosto 1942, fu destinato al II Magazzino Chimico d’armata a Cormons, presso Gorizia. Fu in particolare durante questa seconda esperienza, in zona di guerra, che il suo rifiuto della barbarie e della violenza, che il conflitto suscitava negli animi dei soldati, divenne ancora più forte. Teresa Mattei mi narrò al proposito un episodio emblematico [5]. Gianfranco era all’epoca tenente del genio e comandava una compagnia. Un giorno il suo ufficiale superiore organizzò una spedizione in Jugoslavia alla ricerca di cibo, tornando la sera con un camion carico di animali morti. Tutti i soldati erano insanguinati e si vantavano di aver trovato tre famiglie di contadini che non volevano consegnare le bestie, per cui avevano ammazzato contemporaneamente uomini e animali. Mentre i soldati tornati al campo facevano festa, Gianfranco si allontanò piangendo.


Figura 2. Diploma di laurea di Gianfranco Mattei, Università di Firenze, 1938

3. Gli anni al Politecnico di Milano nel gruppo di Giulio Natta

A parte i due periodi trascorsi sotto le armi, Gianfranco Mattei svolse la sua breve, ma importante carriera accademica dal novembre 1939 all’ottobre 1943. Le ricerche che condusse sotto la guida di Natta portarono a 17 pubblicazioni e a 2 brevetti (Vedi [2] pag. 111). Giulio Natta, una decina di anni dopo la morte del suo allievo, riassunse così i temi che questi affrontò [6]:

Il Dr. Gianfranco Mattei, nato 1’11 dicembre 1916, laureato a Firenze con 110 e lode in Chimica, vinse una borsa di studio al Politecnico di Milano, dove venne poi assunto come assistente dell’Istituto di Chimica Industriale. Nello stesso Politecnico ebbe l’incarico dell’insegnamento della Chimica Analitica qualitativa. Oltre alla parte didattica, che svolse sempre scrupolosamente, si dedicò con grande passione alla ricerca scientifica. Sempre presso il Politecnico iniziò nel 1938 delle ricerche di chimica fisica sulla struttura di film monomolecolari. In tali ricerche, che richiedevano una delicata manualità operativa, il dott. Mattei dimostrò una perizia non comune ed applicò le sue profonde cognizioni teoriche per la risoluzione di problemi chimici, relativi alla struttura e orientamento delle molecole polari, alle reazioni dei film, alle trasformazioni che accompagnano i passaggi di stato dei film liquidi, alle modifiche di struttura che si manifestano nel passaggio da strati monomolecolari a multistrati. Oltre ai metodi basati sullo studio della pressione ed espansività degli strati monomolecolari, ha affrontato con successo ricerche strutturistiche applicando moderni e delicati metodi basati sullo studio della interferenza dei raggi di elettroni. Questi studi furono oggetto di una decina di pubblicazioni in Italia ed all’estero. Oltre a tali ricerche chimico-fisiche a carattere esclusivamente scientifico, svolse delle ricerche originali di chimica organica su di un nuovo metodo catalitico per la preparazione della piridina dal furfurolo. Dotato di un’ottima cultura matematica, non comune fra i chimici, applicò tali sue doti al calcolo di problemi speciali relativi alla rettifica di soluzioni diluitissime, ed al frazionamento di miscele di gas per assorbimento con solventi liquidi. Nel campo applicativo studiò in laboratorio e applicò industrialmente procedimenti, nuovi per l’Italia, per la produzione di interessanti detersivi sintetici. In tutti i suoi lavori dimostrò serietà e scrupolosità di intenti, originalità di idee, chiara impostazione dei problemi, elevato senso critico, passione per lo studio e per il lavoro, spirito di sacrificio, che facevano prevedere possibilità di una rapida e brillante carriera. I suoi lavori scientifici sarebbero stati più che sufficienti per ottenere la libera docenza in chimica, se le allora vigenti disposizioni non avessero impedito la libera docenza prima dei cinque anni di laurea e se poi la guerra non avesse impedito i concorsi. Con la stessa fede e lo stesso entusiasmo con cui Gianfranco Mattei si dedicò prima alla scienza, si prodigò poi ai nuovi ideali patriottici e sociali, quando ritenne che ciò rappresentasse un suo inderogabile dovere, e diede per essi in estremo olocausto la vita.

Negli anni ’50 e ’60 del 1900, Natta ebbe modo più volte di ricordare in occasioni diverse Gianfranco Mattei. Nel 1955, in occasione dell’affissione nell’Aula grande del Politecnico di una targa dedicata al suo antico assistente, egli volle sottolineare un risultato scientifico di particolare rilievo da questi ottenuto: “il brillante metodo da lui tracciato sull’impiego degli equivalenti di solubilità nella determinazione del numero di piatti teorici nell’absorbimento frazionato” [7]. L’absorbimento frazionato fu, in effetti, essenziale per una delle linee di ricerca più importanti del gruppo di Natta nei primi anni del dopoguerra, la sintesi del butadiene da etanolo e la sua purificazione tramite frazionamento di idrocarburi C4 [8].

Nelle commemorazioni postbelliche Natta naturalmente non tralasciò di ricordare anche l’impegno politico e civile che Mattei aveva sempre manifestato, anche in ambito universitario. Tra l’altro, il 26 luglio del 1943 egli era stato tra i pochi docenti del Politecnico di Milano che stilarono e firmarono un Manifesto nel quale si chiedeva l’abrogazione di “ogni discriminazione religiosa, politica e razziale” e si auspicava la riammissione delle università italiane nel novero delle università dei Paesi civili in quel momento di “alba di libertà e dignità risorgenti” (vedi [3], pag. 264).

Nella commemorazione del 1955, già citata, Natta così si esprimeva [7, pag. 388]:

È con profonda commozione che ricordo il mio collaboratore Gianfranco Mattei, che undici anni or sono lasciò questo Istituto in cui, prima di morire, aveva dedicate alla ricerca scientifica tutta la Sua attività e tutta la Sua passione. Lo lasciò non per impulso giovanile, ma per maturata riflessione dopo che gli avevo fatto prevedere i gravissimi rischi a cui andava incontro e l’importanza delle ricerche scientifiche che stava per interrompere. Egli preferì dedicare la Sua vita ad una missione, che Egli in quel momento riteneva più doverosa e più alta.

Allo stesso periodo dovrebbe riferirsi una lettera che Natta scrisse a Clara Friedmann, la madre di Gianfranco e che lei citò in una lettera indirizzata a Lucio Lombardo Radice. In essa il chimico genovese così si esprimeva [9]:

Gianfranco è stato vittima dei suoi ideali, ai quali aveva generosamente e con nobile passione dedicato ogni sua attività. Prima di lasciare Milano mi parlava spesso dei suoi progetti ed io mi limitavo a raccomandargli di non esporsi troppo e cercavo di convincerlo di come la sua vita potesse diventare preziosa anche per la scienza, al servizio dell’umanità intera. Sin da allora temevo per lui, perché conoscevo il suo ardimento, ma apprezzavo lo slancio con il quale svolgeva la sua intensa opera patriottica.

Questo ricordo, visto dalla parte di Natta, si riferisce probabilmente all’ultimo incontro che il professore del Politecnico ebbe con il suo assistente negli ultimi giorni di ottobre del 1943. Per quello che, a distanza di anni, era il ricordo di Teresa, sulla base di un colloquio all’epoca con il fratello, l’incontro era stato un pochino più burrascoso, anche perché Natta avrebbe mostrato di non approvare affatto la sua attività politica, visto che oltre tutto, malgrado le origini familiari più affini al gruppo di Giustizia e Libertà, Gianfranco insieme alla sorella si stava avvicinando ai gruppi partigiani comunisti, che apparivano loro in quel contesto i più concreti e organizzati. Natta era comunque uno scienziato da anni ai vertici della comunità chimica italiana. Non era tra i più compromessi con il regime fascista, dopo la liberazione non risulta che abbia dovuto giustificare il proprio passato come dovettero fare altri chimici, quali Francesco Giordani o Giovanni Battista Bonino. Possiamo però dire che, da scienziato, aveva continuato a svolgere la propria qualificata opera, di cui comunque il regime fascista poté negli anni giovarsi, pur rimanendo in una posizione tutto sommato defilata. Allorché Mattei gli andò a comunicare le sue dimissioni dal Politecnico, confessandogli i suoi intendimenti, le accettò prontamente e lo sostituì pochissimi giorni dopo, nominando assistente incaricato un giovane appena laureatosi, Massimo Simonetta, a sua volta destinato a divenire uno dei più brillanti chimici italiani del secondo dopoguerra [10].

Anche in occasione dell’affissione della targa dedicata a Mattei in una delle aule del Politecnico, Natta, pur dichiarandosi favorevole, privatamente ebbe a far presente al Rettore, prof. Cassinis, i suoi timori che l’evento divenisse l’occasione per una “speculazione politica”, suggerendo “una cerimonia privatissima, fra pochi intimi” [11].

4. Da docente ad artificiere

L’impegno politico della famiglia Mattei, e in particolare di Gianfranco e Teresa, si intensificò, come detto, a partire dalla caduta del governo Mussolini. Seguirono mesi di riunioni, di riflessioni e di primi passi organizzativi tra Firenze e Milano. Anche il padre Ugo si era messo all’opera nei giorni del governo Badoglio. Era stato nominato dal prefetto di Firenze Commissario straordinario dell’Unione provinciale dei lavoratori dell’industria. Questo impegno determinò, dopo l’8 settembre, la necessità di nascondersi per evitare il possibile arresto. Insieme alla moglie, quindi, si trasferì a Roma, nascosto in casa di amici. Gianfranco decise quindi di trasferirsi anche lui a Roma e lì iniziare la propria attività clandestina entrando nei GAP, gruppi di azione patriottica, collegati al partito comunista. Un tramite attraverso cui Gianfranco si legò ai comunisti romani fu la sorella di Lucio Lombardo Radice, del quale era divenuto amico già prima della guerra, avendo frequentato con lui, negli anni dal 1936 al 1938, il corso per Allievo Ufficiale di Complemento del Genio.

Nella capitale, i partigiani si erano posti l’obiettivo di sabotare il più possibile le attività dell’occupante nazista tramite attentati, ma inizialmente non c’erano persone in grado di preparare con le dovute competenze i necessari ordigni esplosivi. Mattei pose, quindi, al servizio dei GAP le proprie conoscenze di chimico, coadiuvato da un giovane studente di architettura, Giorgio Labò, che si trovava a Roma per il servizio militare. Furono Mattei e Labò che in poco tempo organizzarono la Santa Barbara dei GAP al centro di Roma, in via in Caterina, nei pressi di via Giulia. L’attività dei due è così descritta in un articolo pubblicato da Giorgio Caputo nel 1964 [12]:

L’arrivo di Gianfranco Mattei e di Giorgio Labò segnò l’inizio di un lavoro organico e qualificato da parte degli artificieri romani. Labò, la cui vita fu da questo momento intimamente legata a quella di Mattei, era studente di architettura della Università di Milano e aveva prestato servizio nell’arma del Genio. Gianfranco assunse praticamente la direzione del centro poiché fu subito a tutti palese la sua preparazione superiore e la sua estrema capacità nel lavoro. La produzione degli esplosivi si qualificò quantitativamente e qualitativamente. Ad esempio, furono confezionati dei cilindri metallici che avevano in testa una miccia a tempo e che erano divisi in due parti. La parte superiore (circa 1/3 del cilindro) conteneva tritolo, la parte inferiore conteneva termite che si accendeva ad alte temperature e che poteva raggiungere anche i 1500 °C.

Questo tipo di bombe a mano era particolarmente indicato per colpire i camion tedeschi, soprattutto le autocisterne. La bomba veniva scagliata sul tetto del camion e inizialmente esplodeva solo la parte superiore. Successivamente, nella parte inferiore, l’accensione della termite provocava la fusione della parete metallica dell’autocisterna, con conseguente incendio del combustibile liquido e relativa deflagrazione.

In effetti l’appartamento di via in Caterina servì ai due artificieri non solo come primo magazzino ma anche come alloggio per eventuali pernottamenti in casi di emergenza e di pericolo. Il laboratorio vero e proprio si trovava non molto lontano ma questo era noto soltanto a Mattei e a Labò. Si trattava di una soffitta in via Giulia 23a, che era stata presa in affitto da un partigiano comunista, Gino Mangiavacchi, e nel quale dimorava un altro clandestino: Vincenzo Gentile. Praticamente vi facevano recapito Mattei e Labò, i quali, in quella sede, consegnavano il materiale ai compagni incaricati di ritirarlo. Più tardi i tedeschi dissero di avervi trovato tanto esplosivo sufficiente a far saltare Roma. Si trattò di una evidente esagerazione, tuttavia fu proprio a via Giulia che Mattei e Labò prepararono alcuni tipi di bombe di straordinaria potenza. Uno di questi, assai usato, e di sicura efficacia, era costituito da una cassetta che esplodeva pochi secondi dopo essere stata capovolta.

L’attività clandestina di Mattei e Labò durò alcuni mesi. La sorveglianza dei tedeschi sul territorio era però strettissima e doppiogiochisti e delatori non mancavano. Una volta poi che i nazisti riuscivano a catturare qualcuno, con le più feroci torture erano spesso ahimè in grado di ottenere nomi ed indirizzi per scovare altri partigiani.

Fu così che, probabilmente per una spiata, nel pomeriggio del 1 febbraio 1944, appena arrivati in via Giulia i due partigiani vennero sorpresi dai nazisti, arrivati in gran numero, e portati immediatamente nelle carceri di via Tasso.

Da qui in poi le notizie su Gianfranco si fanno frammentarie, affidate a parziali testimonianze fortunosamente ottenute da altri prigionieri. La famiglia, avvisata, si mise in contatto con il sostituto della Segreteria di Stato del Vaticano, Giovanni Battista Montini, che sarebbe qualche decennio dopo diventato papa col nome di Paolo VI. Arrivò una lettera al generale Kappler, a capo dei servizi di sicurezza delle SS di Roma, portata da un sacerdote tedesco, padre Pancrazio Pfeiffer. Kappler strappò la lettera senza neppure leggerla, minacciando che comunque con mezzi fisici e chimici sarebbero riusciti a far parlare il prigioniero [13]. In realtà, probabilmente dopo una prima seduta di sevizie, Mattei riuscì ad avvertire un suo compagno di cella, tenente Michele Gualberti e tramite esso Labò, della sua volontà di suicidarsi, per evitare sotto tortura di rivelare qualcosa di importante. A Gualberti Gianfranco lasciò un biglietto scritto con un mozzicone di matita sopra l’ultimo assegno che aveva ricevuto al Politecnico prima di cessare dal proprio incarico di assistente e docente (Figura 3), il cui tono conferma la decisione di sottrarsi così alla prigionia.


Figura 3. Biglietto d’addio alla famiglia prima della morte


Quando avvenne il suicidio non è stato con certezza appurato. Solo molto dopo, nell’agosto del 1945, la madre riuscì a ritrovare in un registro dell’obitorio la seguente annotazione: “Sconosciuto. Età apparente 32 anni. Proveniente da via Tasso, comando tedesco, entrato il 4/2/44, uscito per essere inumato a Prima Porta il 19/2/1944. Causa di morte: asfissia per impiccagione”. Con questa indicazione insieme al fratello Camillo e a Lucio Lombardo Radice andò al cimitero e il fratello, da alcuni particolari. riuscì a operare il riconoscimento, malgrado i 18 mesi trascorsi. Se le date fossero esatte, la sua morte daterebbe al 4 febbraio, altri invece tendono a spostarla di qualche giorno tra il 6 e il 7. I nazisti, forse per vendicarsi di chi aveva comunque causato loro tanti problemi ed era riuscito poi a sfuggire con il suicidio ai loro tentativi di farlo cedere, si rifiutarono di fornire notizie certe su di lui e sulla sua fine. I resti di Mattei riposano ora al Cimitero del Verano, insieme a quelli di Giorgio Labò e di altri caduti romani nella lotta di liberazione (Figura 4).


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Figura 4. Roma, Cimitero Verano: la tomba dei caduti durante la lotta di liberazione


Alla memoria di Gianfranco fu assegnata la medaglia d’argento al valor militare con la motivazione riportata in Figura 5.


Figura 5. La motivazione della medaglia d’argento al valor militare

5. Il ricordo e l’eredità di Gianfranco Mattei

Credo che nei primi anni dopo i tragici eventi sopra narrati, chi li aveva vissuti o comunque ne era stato testimone, potesse sentirsi sinceramente coinvolto nelle manifestazioni che li commemoravano. A mano a mano, però, che il tempo passò e vennero alla ribalta generazioni nate dopo la guerra, fu sempre più difficile per esse vivere le commemorazioni stesse nel profondo, senza avvertire una certa qual retorica ritualità, con il rischio di arrivare a una sottovalutazione dell’importanza del ricordo di fatti, che cominciavano a essere visti come parte di un passato non più attuale. Oggi, a 80 anni di distanza, quando i testimoni diretti di quegli eventi sono ormai quasi tutti morti, tale rischio è ancora più grande. Oltre tutto, le carte, le foto, i vecchi filmati che ce li narrano, ci mostrano un mondo del tutto diverso da quello in cui viviamo.

La nostra odierna esistenza appare del tutto incomparabile con quella dei nostri padri e nonni, immersi come siamo in un mondo in cui si viaggia da un continente all’altro in poche ore, in cui le notizie circolano quasi istantaneamente, in cui ci si può servire di strumenti tecnologici che rendono possibili cose impensabili solo pochi anni fa. Inoltre, in molte parti della Terra, come ad esempio nel nostro paese, si vive lontani dai conflitti, una situazione che dura da molti anni; questo ci fa vedere la guerra stessa come un qualcosa che non siamo più destinati a vivere.

Se, però, riflettiamo meglio, vediamo che non è così e che la possibilità di trovarci in poco tempo, senza nemmeno accorgercene, in situazioni ben diverse non è del tutto inesistente. Le guerre qua e là per il mondo continuano ad esserci e recentemente sono arrivate non molto lontano da noi. Anche per noi l’ipotesi di un coinvolgimento diretto in esse sta prendendo piede e se ne comincia a parlare in termini quasi possibilisti.

Lo scambio culturale tra le varie comunità nazionali non si è tradotto nella creazione di un comune sentire, di una volontà di capirsi meglio e di provare a trovare pacifiche regole di convivenza. Più della pace sembra importante l’affermazione dei propri valori, visti in contrapposizione con quelli degli altri; siamo sempre più pronti a considerare, magari giustamente, travi quelle presenti negli occhi degli altri, autoassolvendoci però per le pagliuzze, più o meno grandi, che pure sono presenti nei nostri occhi. Lo sviluppo della scienza e delle sue applicazioni non porta sempre a un benessere per tutta l’umanità, ma viene sovente usato per il bene di alcuni a danno di altri e gli scienziati contribuiscono spesso con la loro opera a questo stato di cose.

Forse, quindi, il ricordo degli errori e degli orrori passati va coltivato e stimolato, se non altro come possibile antidoto per non ripeterli più in alcuna forma; la memoria di vicende come quelle di Gianfranco Mattei e di tanti altri martiri della Resistenza, e non solo, deve essere anche per le nuove generazioni base per riflessioni che toccano ancora tutti da vicino.

Da questa punto di vista la famiglia Mattei può esserci di esempio perché la lezione di Ugo, di Gianfranco e di Teresa è stata sempre tenuta ben presente e viva, anche nelle successive generazioni. Ci piace ricordare Ugo, il figlio di Camillo, il più grande dei fratelli Mattei, giurista e impegnato in molte battaglie civili e ambientali, e la di lui figlia Clara, professoressa di economia alla New School of Social Research, che, nel capitolo introduttivo di un suo recente e apprezzato libro [14], ha voluto ricordare quanto la forza d’animo mostrata dal suo avo nelle carceri naziste sia per lei sprone per imparare a difendere con forza le sue interessanti e innovative teorie economiche.

In conclusione, ritengo giusto corredare questo articolo con una foto di Gianfranco Mattei. In rete ce ne sono diverse, anche se non moltissime. Ho deciso però di utilizzarne una, conservata in una piccola cornice, di cui mi fece dono la sorella Ida (Figura 6).

È la mia maniera di dirle idealmente grazie. Questa mia commemorazione di Gianfranco, a 80 anni dalla sua morte, in fondo nasce anche come debito di riconoscenza nei confronti suoi e di Teresa.


Figura 6. Gianfranco Mattei nella casa di Bagno a Ripoli


Riferimenti

[1] Cito alcuni degli articoli, degli eventi e dei siti web in cui è possibile trovare un ricordo più o meno approfondito di Gianfranco Mattei:

A. Fatticcioni, Storie di Resistenza: Giorgio Labò e Gianfranco Mattei in https://www.researchgate.net/publication/345730969_Storie_di_Resistenza_Giorgio_Labo_e_Gianfranco_Mattei (ultimo accesso, 19 settembre 2024).

Seminario al Politecnico sulla figura di Gianfranco Mattei in https://twbiblio.com/2015/12/03/3-dicembre-seminario-al-politecnico-sulla-figura-di-gianfranco-mattei/ (ultimo accesso, 19 settembre 2024).

C. Della Volpe, I chimici non si tirano indietro. Ricordo di Gianfranco Mattei, in https://ilblogdellasci.wordpress.com/2018/01/26/i-chimici-non-si-tirano-indietro-ricordo-di-gianfranco-mattei/ (ultimo accesso, 19 settembre 2024).

Esistono in Italia due vie dedicate a Gianfranco Mattei, una nel comune di Bagno a Ripoli (FI); un’altra a Milano, questa anche per personale richiesta fatta nel 1964 da Giulio Natta a Luigi Meda, all’epoca vicesindaco di Milano [10].

Nel 2017 è stata intitolata a Teresa e Gianfranco Mattei la residenza universitaria sorta a Sesto Fiorentino per gli studenti iscritti ai corsi di laurea del Polo Scientifico dell’Università di Firenze.

[2] F. Calascibetta, N. Nicolini, La Chimica e l’Industria, 2009, 91, 110. Il titolo dell’articolo faceva riferimento ad un verso della canzone degli Stormy Six “Gianfranco Mattei” (https://www.ildeposito.org/canti/gianfranco-mattei – ultimo accesso, il 24 settembre 2024). Uno degli autori aveva appreso la vicenda di Gianfranco dalla sorella di questi, Teresa, conosciuta da lui a Milano negli anni ’70, ai tempi delle agitazioni studentesche. Nel testo Mattei è definito “un comunista ed un ebreo”. Dei 4 nonni solo uno in realtà era di razza ebraica, il nonno materno Sigmund Friedmann. Questi era un professore di letteratura tedesca all’Università di Milano, convertitosi al cristianesimo al momento del matrimonio con Teresita Coduri, nonna materna di Gianfranco.

[3] P. Pacini, Teresa Mattei, una donna nella storia, Consiglio Regionale Toscana, Firenze 2009, pp.13-101. In questo capitolo sono abbondanti le citazioni dalle interviste che Teresa Mattei rilasciò all’autrice. Anche io ebbi modo a suo tempo di ascoltare, dalla diretta voce di Teresa e della sorella Ida, notizie riguardanti la famiglia Mattei, analoghe a quelle riferite da P. Pacini, con qualche dettaglio più specifico sulla figura di Gianfranco, scopo precipuo della mia ricerca.

[4] Archivio storico dell’Università degli Studi di Firenze, fascicolo dello studente Gian Francesco Mattei.

[5] Intervista dell’autore a Teresa Mattei del 15 aprile 2008.

[6] Questa nota fu redatta come prefazione a una raccolta dei lavori scientifici di Mattei conservata al Politecnico di Milano. La stessa nota fu comunque inserita anche in AA.VV., Gianfranco Mattei, 1916-1944, D. Grossi, Milano, 1956.

[7] Senza autore, La Chimica e l’Industria, 1955, 37, 387.

[8] https://www.giulionatta.it/pdf/Parte%20I/princ_sett.pdf (ultimo accesso, 30 settembre 2024).

[9] Istituto Gramsci Roma, Archivio Storico, Fondo Lucio Lombardo Radice, Corrispondenza: famiglia Mattei.

[10] F. Calascibetta, https://www.treccani.it/enciclopedia/massimo-simonetta_(Dizionario-Biografico)/ (ultimo accesso, 19 settembre 2024)

[11] Politecnico di Milano, Archivio Storico, Fascicolo Personale Gianfranco Mattei.

[12] G. Caputo, Il Contemporaneo, 1964, 75, 103.

[13] Testimonianza rilasciata da Teresa Mattei al processo Priebke: seduta del 27/05/1996 https://www.radioradicale.it/scheda/82003/processo-priebke?i=2209075 (ultimo accesso, il 19 settembre 2024)

[14] C. E. Mattei, L’economia è politica: Tutto quello che non vediamo dell’economia e che nessuno racconta, Fuoriscena, Milano, 2023.