A fine anno si tirano le somme
Margherita Venturi
Cara lettrice e caro lettore,
il 2024 è finito e a me ha lasciato tanto amaro in bocca.
Le guerre non si fermano, anzi stanno proliferando in una sorta di Terza Guerra Mondiale a pezzi (come ha detto Papa Francesco), le alluvioni e i disastri climatici aumentano a vista d’occhio e l’ultima COP, tenutasi a Baku, ha segnato l’ennesimo insuccesso, dimostrando che queste conferenze hanno fatto il loro tempo e che, per l’ingerenza sempre più massiccia delle lobby dei fossili, hanno totalmente disatteso l’obiettivo per il quale erano nate.
Se poi ci limitiamo ai confini nazionali la situazione non è affatto rosea. Il ministro Pichetto Fratin vuol farci tornare al nucleare: niente di più facile, dice, basta disseminare sul territorio i piccoli reattori modulari di quarta generazione, come se fossero già in fase di commercializzazione e come se risolvessero i problemi legati al nucleare. Per non parlare poi delle fantasie sulla fusione nucleare il cui sfruttamento per ottenere elettricità, secondo la Prima Ministra Meloni, sarebbe “dietro l’angolo”. Se, da una parte, non mi preoccupo essendo convinta che il nucleare italiano si sgonfierà come un palloncino senza un niente di fatto, dall’altra, sono amareggiata dal momento che questa impresa avrà il solo risultato di sprecare parecchio denaro e tanto tempo prezioso.
Che dire poi del progetto di far diventare l’Italia hub del metano e dell’idrogeno? Sono indignata perché non mi piace che la nostra nazione venga svilita a paese “di servizio” per il trasporto di metano e idrogeno dall’Africa al Nord Europa e che venga “trapanata” da cima a fondo per interrare giganteschi tubi con la conseguente distruzione di aree naturali molto belle, ma, soprattutto, sono impaurita perché “questa” Italia potrebbe diventare un punto sensibile per attacchi terroristici. Infatti, se prima si parlava solo del trasporto del metano, cosa comunque pericolosa, ora si parla anche di idrogeno e bombardare tubi contenenti questo gas avrebbe un effetto devastante su tutto il territorio.
E, allora, continuo a non capire; mi domando perché ci intestardiamo a voler cominciare dalle tecnologie e dalle opzioni che non abbiamo, quando, invece, l’Italia, con la sua industria manifatturiera di tutto rispetto, le sue bellezze paesaggistiche, il suo inestimabile patrimonio di beni culturali e grazie al Sole, al vento e all’acqua, potrebbe affrancarsi da tante servitù.
Mi sembra proprio che i politici, e non solo quelli italiani, non abbiano realizzato che occorre cambiare rotta, ripensando al significato di sviluppo e ricordando una cosa fondamentale: anche se noi umani siamo molto bravi a distruggere il pianeta (basta guardarsi attorno per rendersene conto), non riusciremo mai a dominarlo, perché le nostre azioni irresponsabili nei suoi confronti si ritorcono sempre contro di noi e il cambiamento climatico ne è la chiara dimostrazione. Gli esperti ci dicono che questa potrebbe essere l’ultima chiamata e che dovremmo metterci a correre perché la crisi climatica e ambientale peggiora giorno dopo giorno e il tempo stringe. Ci dicono anche che il pianeta si salverà sempre e comunque, anche se molto probabilmente non sarà più quell’ambiente che conosciamo e che ci ha ospitato tanto generosamente; chi, invece, non si salverà sarà il genere umano, se non si prenderanno seri, veloci e drastici provvedimenti.
Io, però, di provvedimenti ancora non ne vedo: ci ostiniamo imperterriti a non abbandonare i combustibili fossili, ad accumulare rifiuti di ogni genere e scorie nucleari, a cementificare ogni angolo del pianeta, a inquinare suolo, aria e acqua e a farci la guerra bombardando scuole e ospedali.
Dopo questa bella sfilata di cattive notizie, però, ne ho anche delle buone. La nostra rivista sta andando molto bene; il numero quattro di quest’anno ha superato le mille visualizzazioni, un risultato di tutto rispetto considerato che si tratta di una rivista di nicchia.
Sono sicura che anche questo numero, l’ultimo del 2024, riscuoterà lo stesso successo perché ne ha tutte le carte in regola.
È, infatti, molto ricco di percorsi didattici e laboratoriali, due per le scuole superiori e, per la prima volta, ben tre per l’infanzia, riporta una ricerca per capire come e perché gli studenti scelgono il loro percorso universitario, affronta temi caldi e attuali, come la necessità di decarbonizzare e l’esigenza di instaurare un dialogo intergenerazionale, e, nelle pagine di storia, c’è un bel ricordo del chimico e patriota Gianfranco Mattei.
Non dico di più sui contenuti di questo numero perché desidero utilizzare lo spazio che mi resta per i doverosi ringraziamenti di fine anno.
Un grazie particolare va al dott. Claudio Tubertini e alla dott.ssa Loredana Leoni della CLUEB, che devono sopportare tutte le mie paranoie, al dott. Gianni Morelli, webmaster della SCI, al Comitato di Redazione e ai curatori delle varie rubriche, che subiscono le mie continue richieste e che lavorano affinché ogni fascicolo abbia il giusto numero di contributi, ai Vicedirettori, che mi aiutano nella direzione della rivista, e al Comitato Scientifico.
Un ringraziamento speciale, poi, va a Gianluca Farinola, Presidente della SCI e Presidente Onorario della nostra rivista, per il suo continuo supporto e interessamento.
Ovviamente ringrazio anche di cuore tutti gli autori dei contributi che sono apparsi nei numeri della rivista, senza i quali il CnS non esisterebbe.
Infine, ringrazio te, cara lettrice e caro lettore, perché la tua attenzione a quanto pubblichiamo è la ragione d’essere della rivista che nasce proprio per aiutarti nel difficile compito di docente. Quindi, qualsiasi tuo suggerimento e commento è per noi fondamentale: solo assieme possiamo fare sempre di più e sempre meglio.
Tanti auguri per un 2025, che spero sia migliore di quello appena finito, e buona lettura