La nascita e il valore del Gruppo Interdivisionale di “Epistemologia e Storia della Chimica” della Società Chimica Italiana


Eleonora Aquilini, Matteo Chioccioli, Renato Lombardo, Laura Orian, Antonio Testoni, Giovanni Villani, Vincenzo Villani

e-mail: giovanni.villani@pi.iccom.cnr.it


La Società Chimica Italiana (https://www.soc.chim.it/) è la più antica delle società scientifiche disciplinari italiane. Con circa cinquemila soci rappresenta buona parte dei chimici italiani impegnati nell’insegnamento e nella ricerca in questa disciplina. Essa è articolata in Sezioni territoriali, Divisioni tematiche e Gruppi Interdivisionali. La nascita del Gruppo Interdivisionale di “Epistemologia e Storia della Chimica” (http://www.soc.chim.it/it/gruppi/epistemologia/home) è, sicuramente, un evento di una certa rilevanza per la chimica italiana.

A conclusione del percorso formale di attivazione, l’Assemblea costituente di tale Gruppo ha eletto Giovanni Villani come Coordinatore e Matteo Chioccioli, Renato Lombardo, Laura Orian, Antonio Testoni e Vincenzo Villani come Consiglieri del Direttivo. Eleonora Aquilini, Presidente della Divisione di Didattica Chimica della SCI (divisione di riferimento per tale Gruppo), completa il Direttivo. Tale Direttivo è composto da chimici provenienti da esperienze e ambiti diversi della disciplina, dalla ricerca all’insegnamento universitario e a quello secondario, ma tutti accomunati da una profonda convinzione dell’importanza che un approccio storico-epistemologico può avere per un proficuo sviluppo della Chimica e per una sua efficace divulgazione.

La nascita di questo Gruppo vuole promuovere il valore delle riflessioni epistemologiche e storiche nella scienza in generale e in chimica in particolare. Lo scopo è duplice: da un lato stimolare tutti gli operatori scientifici a rivendicare l’importanza degli aspetti storici ed epistemologici, dall’altro valorizzare i risvolti generali e culturali della scienza nella società. Va sottolineato che i due propositi sono fortemente connessi e la figura dello scienziato sarà capace di contribuire in modo positivo e incisivo nella società tanto più quanto, oltre alle competenze, avrà la conoscenza e la coscienza dei fondamenti storico-filosofici della sua disciplina.

Riguardo alla problematica interna alle discipline scientifiche, spesso si ritiene che l’ambito epistemologico e storico non serva al ricercatore. Così pure, dal punto di vista didattico, è invalsa l’opinione di ritenere che le idee e i risultati più importanti siano soprattutto gli “ultimi”, come se il significato di un concetto scientifico fosse assoluto e definito una volta per tutte. Troppo spesso non ci si rende conto che impostare un insegnamento scientifico poco incline a guardare anche al passato comporta inevitabilmente tagliare le radici del tronco secolare della storia, con le sue straordinarie ricchezze di cultura e di esperienza.

Alcuni insegnanti sono disposti a concedere del tempo alle problematiche storico-epistemologiche nell’insegnamento scolastico delle scienze, ma solo con lo scopo di motivare gli studenti, raccontando loro qualche “fatto” relativo agli scienziati e alle loro scoperte scientifiche, con il rischio di ridurre l’approccio storico-epistemologico a note biografiche o a curiosità simpatiche associate agli eventi. Il sapere scientifico è, invece, storicamente determinato: i fatti, i modelli hanno senso e significato solo rispetto a un determinato sistema di pensiero, a una teoria preesistente. Per cui, decontestualizzando il sapere dall’ambito storico, dai paradigmi scientifici dominanti all’epoca e dagli esperimenti che hanno supportato lo scienziato, si perde la potenzialità che l’approccio storico-epistemologico ha nel chiarire e consolidare concetti fondamentali da trasmettere agli studenti.

Questa posizione generale sull’epistemologia e la storia delle scienze è il portato culturale di una visione filosofica della scienza che viene chiamata “ingenuamente realista”. Essa si basa sull’idea che lo scienziato non è, e non deve essere, “creativo”, ma deve solo trovare e riportare dei “fatti” oggettivi, delle verità sperimentali.

Al contrario, come fa osservare Popper nella Logica della scoperta scientifica del 1934, la “scoperta” presuppone una creatività non minore dell’atto poetico. In qualche modo, la ricerca si sviluppa su un terreno culturale aperto e fruttuoso, a partire da intuizioni o ipotesi di lavoro che vengono lungamente elaborate dal “crivello” della sperimentazione e deduzione logica, fino a una forma coerente pronta per il lungo processo di “corroborazione” e, ci picca dire, d’immaginazione, per essere adeguatamente compresa e comunicata.


Una volta posta la verità scientifica in una veste “ingenuamente realista”, del resto, ha poca importanza allargare il campo dei fatti sperimentali e inserirli in una cornice storico-epistemologica; queste “aggiunte” divengono delle “curiosità”, un’informazione in più da fornire se c’è tempo. La storia e l’epistemologia della scienza che si chiede quando, in che contesto e perché è stata fatta una specifica ricerca scientifica perde, in questo caso, un suo valore oggettivo.

D’altra parte, questa posizione filosofica è già implicita nel termine “scoperta” scientifica. Le verità scientifiche non sono un’invenzione (quelle, in questo ambito, si lasciano alla tecnica), ma un “portare fuori”, un “disvelare” una realtà oggettiva.

La posizione ingenuamente realistica è largamente diffusa nella società ed è figlia di un insegnamento scientifico nozionistico. Non dobbiamo, infatti, mai dimenticarci che i cittadini di oggi (studenti di ieri) hanno tutti studiato materie scientifiche per tanto tempo. Se il risultato ottenuto è “l’analfabetismo scientifico”, spesso riscontrato nei sondaggi, e una visione distorta della reale pratica scientifica, qualche domanda sul metodo di insegnamento delle discipline scientifiche dovremmo pure farcela.

Aderiscono, purtroppo, alla posizione ingenuamente oggettivista della verità scientifica anche molti scienziati che, così facendo, sviliscono il loro stesso lavoro, rendendolo esclusivamente “tecnico” e senza valore culturale. Essi si occupano di “un atomo di verità”, slegato da tutto il resto. Un’ovvia conseguenza di ciò è la difficoltà di molti scienziati a “comunicare” la loro ricerca a un pubblico generalista. Questo aspetto è particolarmente insidioso perché, in una società fortemente tecnologica come la nostra, la comunicazione e la spiegazione non possono essere delegate a non-esperti con il rischio di far circolare concetti sbagliati e pratiche addirittura pericolose, fondati su false giustificazioni scientifiche.

Qui arriviamo alla seconda problematica, quella verso l’esterno della scienza, quella di valorizzare nella società gli aspetti generali e culturali della ricerca scientifica e dare di essa una corretta immagine. Che la società moderna sia impregnata di problematiche scientifiche conseguenti alle applicazioni tecnologiche è un dato di fatto difficilmente controvertibile. Non passa giorno che non sentiamo parlare di sostenibilità ambientale, di cambiamento climatico o delle leopardiane “magnifiche sorti e progressive” dell’Intelligenza Artificiale. Quali siano i termini specifici di tali problematiche è, ovviamente, al di fuori della portata del pubblico generalista. Poter riempire queste problematiche di concetti generali e di immagini corrette, riuscire a seguire i ragionamenti degli “esperti”, poter esprimere un parere critico/informato su queste problematiche che modellano anche la nostra vita è, invece, una competenza generale che dovrebbe avere il cittadino dopo anni di studi scolastici scientifici, dopo la lettura di tanti libri pubblicati e la crescente attenzione dei media a tali problematiche. Questo scopo si può raggiungere con un duplice sforzo: quello dei cittadini, ovviamente, a informarsi e a riconoscere le fonti di informazioni attendibili e quello dei “tecnici” a ritrovare e valorizzare il substrato culturale che muove e direziona la loro specifica ricerca scientifica.

In conclusione, vogliamo sottolineare che la nascita all’interno della Società Chimica Italiana del Gruppo Interdivisionale “Epistemologia e Storia della Chimica” è, ovviamente, un’operazione pratica dalla quale ci si aspetta iniziative concrete, ma è anche un’operazione culturale per la Chimica e la scienza in generale. Non esiste, infatti, un analogo gruppo nelle altre società scientifiche. Certamente gli aspetti storici sono considerati con interesse anche nelle altre discipline scientifiche, ma un termine come “epistemologia” (in questo contesto, sinonimo di “filosofia della scienza”) è generalmente off limits.