Quanto è “verde” il PNRR?
Le parole e i fatti


Fabio Olmi

e-mail: fabio.olmi@gmail.com

Indice

1. Il PNRR

2. La revisione del PNRR

3. Esame dello stato di avanzamento di alcuni punti qualificanti della Missione 2 del PNRR

4. Riassumendo




Abstract. The article examines the “green” Mission 2 of the PNRR which concerns the energy aspects of the ecological transition with the aim of verifying the progress of its development. In particular, the essential elements of the Component 2 of this Mission are examined. It emerges that the promotion of renewable energy is heavily penalised, whereas research and development of hydrogen and development of charging station installations for electric cars are taken in consideration. The rapid progress in biomethane production, which however does not solve the problem of decarbonization, is also considered.

Keywords: Energie rinnovabili; produzione dell’idrogeno “verde”; biometano; installazioni di infrastrutture di ricarica elettrica; bilancio complessivo


1. Il PNRR

Com’è largamente noto l’Europa ha creato nel 2020 un fondo speciale di 750 miliardi di euro per la ripresa economica nell’UE dopo la pandemia, denominato Next Generation EU. Il programma Fondo di Ripresa e Resilienza è dotato di 675 miliardi di euro, parte da assegnare in prestito e parte a fondo perduto. Di questo fondo spettano all’Italia 192 miliardi (circa il 30%), la percentuale più elevata fra tutti i Paesi europei, di cui 123 in prestito e 69 di sovvenzioni a fondo perduto. Il secondo programma europeo React-Eu è di 50 miliardi euro di cui 14 assegnati all’Italia. Dei 7 programmi che compongono questo stanziamento, i primi due interessano l’Italia e su questi il Paese ha elaborato il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il PNRR italiano fu approvato l’11 febbraio del 2021 dal governo Conte due, un giorno prima che si aprisse la crisi di governo. Fu deciso di prendere l’intera cifra fissata per l’Italia senza avere ancora l’idea di come sarebbe stata spesa. In un recente libro, “La grande abbuffata”,1 si fa un dettagliato esame di come è stato gestito il nostro PNRR.2

La versione definitiva del PNRR fu presentata alla Commissione Europea dal governo Draghi a fine aprile 2021 con un aggiornamento a luglio dello stesso anno. L’attuale Piano si compone delle seguenti Missioni:

I fondi maggiori vengono assegnati alla Missione 2, Rivoluzione verde e Transizione ecologica, che dovrebbe costituire il “piatto forte” del PNRR. Ad essa vengono assegnati complessivamente 55,53 miliardi di euro, di cui 36,67 miliardi in prestito e 18,86 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto.

Le varie Missioni vengono poi articolate in componenti a soggetto univoco. Per la Missione 2, quella che qui ci interessa, sono presenti le seguenti componenti:

Componente 1 (M2C1) - Agricoltura sostenibile ed economia circolare

Componente 2 (M2C2) - Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile

Componente 3 (M2C3) - Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici

Componente 4 (M2C4) - Tutela del territorio e della risorsa idrica

Concentrandosi sul tema dell’energia e, quindi, sulla Componente 2, quali sono i punti nevralgici di cui si deve occupare? Nel PNRR si legge:

Prima di esaminare come sta andando la realizzazione dei diversi aspetti della M2C2, vediamo chi ha gestito e gestisce la Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica). Nel dicembre del 2021 Draghi chiamò a dirigere il settore Roberto Cingolani, ordinario di Fisica Sperimentale e Direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Ben presto il prescelto si rivelò poco sensibile ai problemi ambientali e del tutto inadatto all’incarico: non ha dimostrato, ad esempio, alcuna propensione per spingere le energie rinnovabili verso la transizione ecologica,3 sostenendo che la loro intermittenza era chiara evidenza della loro inaffidabilità, come se da tempo il problema non fosse stato risolto sia sul terreno contingente (integrazione con l’idroelettrico o connessione a sistemi di accumulo ormai ben collaudati di grandi, medie e piccole dimensioni), che su quello delle strutture con impianti di accumulo.

Poi, con il Governo Meloni è stato messo a capo del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che ha in carico la Missione 2 del PNRR, Gilberto Pichetto Fratin che, dottore commercialista e consulente di impresa, dichiarato sostenitore dello sviluppo del nucleare, ha continuato la tradizione di Cingolani, incompetente e per niente propenso all’esigenza di puntare su un sempre maggior potenziamento delle fonti energetiche rinnovabili.4

Naturalmente siamo di fronte alla solita questione italiana: per occupare un certo posto nel settore pubblico non occorre la competenza, ma si guarda solo all’appartenenza.

Per renderci conto della mancanza di una strategia guida nell’operare dello staff decisionale e della confusione che regna al suo interno basti pensare, ad esempio, che per la Toscana in una prima bozza del decreto di idoneità del territorio agli impianti rinnovabili era stato indicato che il 97% del territorio era “inidoneo” ad accoglierli, mentre nella seconda, di pochi giorni dopo, questa quota è diventata soltanto del 15% (Figura 1).


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Figura 1. Il clamoroso “caso” delle mappe della Toscana

Oltre a questo, c’è da ricordare che è stato approvato il DL che riguarda le rinnovabili e l’agricoltura (6 maggio 2024),5 dove si limita fortemente la possibilità di installare pannelli fotovoltaici sul terreno, anche incolto. Non solo, è stato anche varato il decreto atteso da anni dagli operatori delle rinnovabili sulle “aree idonee”: il via libera definitivo della Conferenza Stato-Regioni, in cui si fissano nuovi paletti per le rinnovabili,6 è del 7 giugno 2024. Senza entrare nei dettagli riporto il commento fatto su Legambiente:7 Altro che corsie preferenziali per le rinnovabili, il decreto aree idonee si configura come un ulteriore barriera per lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e, quindi, non solo per le politiche climatiche, ma anche per l’indipendenza e la sicurezza energetica.

2. La revisione del PNRR

Già con il governo Draghi era emersa la necessità di rivedere il PNRR, ma Draghi non attuò nessuna modifica per non scontentare nessuno. Il nuovo governo Meloni ha peggiorato la governance del Piano politicizzandola a scapito della continuità amministrativa e della competenza e concentrandola in mano a una sola persona, Raffaele Fitto, molto vicino a Palazzo Chigi. Più tardi ci si è resi conto che certi obiettivi non potevano essere raggiunti entro il 2026 e si è attuata una serie di modifiche sulla base di considerazioni di realismo e di pragmatismo: sono stati tolti alcuni obiettivi o ridimensionati altri con un difficile e contrastato lavoro, evidenziando cosa non è stato fatto fino ad ora e rivedendo i tempi di attuazione di quello che resta da fare. Senza entrare qui nei dettagli che la revisione ha interessato, sottolineo solo che l’ambito della Missione 2 ha visto un aumento del finanziamento a fronte di una diminuzione di varie altre missioni.

Venerdì 24 novembre 2023 il Ministro agli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, ha presentato in conferenza stampa il nuovo Piano che è stato rivisto e integrato dopo la proposta di modifica, comprensiva del nuovo capitolo REPowerEU, e approvata dalla Cabina di regia il 27 luglio 2023.

La proposta di modifica è stata poi approvata anche dal Parlamento italiano con due distinte risoluzioni: l’1 agosto e il 4 settembre 2023 è stato avviato formalmente il negoziato per l’approvazione con la Commissione Europea. La stessa Commissione, il 19 settembre, ha dato parere positivo alla proposta di revisione, incluso il capitolo dedicato al REPowerEU. Il Piano ha ora un valore di 194,4 miliardi di euro e copre 66 riforme e 150 investimenti.

3. Esame dello stato di avanzamento di alcuni punti qualificanti della Missione 2 del PNRR

3.1 Semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili onshore e offshore

Come abbiamo visto sopra è stata messa a punto la normativa che regola la localizzazione a terra degli impianti fotovoltaici e le loro caratteristiche, ma questa ha suscitato un’ampia gamma di osservazioni per la necessaria precisazione di diversi aspetti. Non è stato, invece, fatto niente per promuovere la realizzazione di impianti eolici offshore in alto mare.8 Eppure i progetti presentati da molte imprese private, soprattutto offshore, al largo di Sicilia e Sardegna sarebbero più che sufficienti a dare all’Italia l’indipendenza energetica.9 Attualmente progetti di questo genere per entrare in esercizio aspettano almeno 3-4 anni, per cui varie società preferiscono investire all’estero, dove le procedure sono molto più spedite.

Quindi, è stata completamente disattesa la Missione 2 che prevede la “semplificazione delle procedure di autorizzazione” degli impianti eolici offshore.

La realizzazione dell’impianto offshore al largo del porto di Taranto, che è stato inaugurato pochi mesi fa, ha atteso quasi 14 anni per la sua realizzazione!!!10

I progetti degli impianti offshore esistenti sono di grossa taglia e potrebbero costituire decisivi apporti di energia rinnovabile al Paese con grande risparmio di fossili e di emissioni di CO2.11 Assistiamo ad un paradosso, con i ritmi attuali di autorizzazione, pari a circa 3 GW l’anno, in sette anni non riusciremo a soddisfare le richieste europee (80 GW al 2030) e ci vorrebbero più di cento anni per soddisfare le richieste dei privati! Ecco il paradosso: importiamo ogni anno il 74% dell’energia di cui abbiamo bisogno e teniamo in lista d’attesa enormi richieste di produzione di energia.12

Vedremo, ad esempio, cosa succederà di tre parchi eolici al largo della Sardegna, progettati da Renantis e in attesa della valutazione di impatto ambientale, che sarebbero in grado di produrre energia per 2 milioni e trecentomila famiglie. Parliamo del parco galleggiante Tibula Energia nel nord dell’isola, costituto da 64 pale eoliche, situato a oltre 25 chilometri dalla costa e capace di fornire energia per 900 mila utenze domestiche e di due impianti a sud dell’isola, Nora 1, con 53 pale eoliche e una produzione energetica per circa 700 mila utenze domestiche, e Nora 2, con 40 pale eoliche poste a 18-22 chilometri dalla costa e capace di soddisfare circa 650 mila utenze. I dati forniti dalla società progettatrice comportano 1300 unità lavorative per le fasi di fabbricazione, assemblaggio e costruzione degli impianti e 180 unità per la manutenzione degli impianti stessi.

L’iniziativa privata per l’installazione di impianti domestici o piccole attività commerciali o industriali è indipendente dal PNRR, ma costituisce un’importante parte del fotovoltaico attuale e comporta aiuti di stato che vengono però pagati in bolletta.13 Il rapporto “Il solare fotovoltaico in Italia, stato di sviluppo e trend di settore”, pubblicato dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) nel luglio 2022, sostiene che alla fine del 2021 erano installati nel Paese 1.016.063 impianti fotovoltaici, 80.000 in più rispetto all’anno precedente e con un incremento della capacità installata di 940 MW.14

Il solare ha coperto nel 2023 il 22% dell’energia elettrica prodotta da rinnovabili e ha una potenza complessiva di 22,6 GW. Le installazioni si concentrano per il 45% nelle regioni settentrionali, per il 37% in quelle meridionali e per il 18% in quelle centrali.15 Tra gli impianti rilevati dal Rapporto ci sono anche grandi impianti fotovoltaici offshore, come i 94 parchi eolici del Gruppo Iren per un totale di 140 MW di potenza.

Per quanto riguarda la promozione delle rinnovabili si parla anche di comunità energetiche e di auto-consumo. Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano uno strumento rivoluzionario del modello energetico introdotte con il decreto Milleproroghe 2019. Con questo strumento i cittadini possono diventare produttori e consumatori di energia rinnovabile costruendo delle comunità. Ma a dimostrazione della insensibilità da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) e della Missione 2 del PNRR per lo sviluppo delle rinnovabili, ci sono voluti 19 mesi per pubblicare il DL contenente i decreti applicativi per le CER: è stato il ٢٣ gennaio 2024 che il MASE ha finalmente pubblicato il decreto attuativo delle Comunità Energetiche Rinnovabili. Si stima che questo ritardo sia costato la mancata costituzione di almeno 400 CER; oggi ne sono operative, registrate al GSE, solo 150.16

Le prospettive sono, però, quelle di un forte sviluppo delle CER e Italia Solare, l’associazione che si occupa di fotovoltaico, stima che al 2030 si raggiungeranno i 12 GW di impianti CER. Da un paio d’anni, grazie a un regime transitorio voluto per accelerare il processo alcune realtà sono partite.17 Il raggio d’azione delle CER coinvolge i piccoli comuni, quartieri residenziali e aree industriali. Ci si aspetta che il 2024 sia l’anno in cui si avranno risultati interessanti e negli anni successivi si vedranno importanti, concreti risultati.

3.2 Produzione dell’idrogeno: ricerca e sviluppo

Il PNRR stanzia 160 milioni di euro per lo sviluppo di 4 filoni di ricerca e sviluppo sull’idrogeno:

1. produzione di idrogeno verde

2. tecnologie innovative per lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno

3. celle a combustibile per applicazioni stazionarie e di mobilità

4. sistemi intelligenti di gestione integrata per migliorare la resilienza e l’affidabilità delle infrastrutture relative all’idrogeno

Due nuovi bandi sono stati emanati nel novembre 2023 per complessivi 450 milioni di euro, parte dei quali (200 milioni) per la realizzazione di elettrolizzatori. Gli investimenti possono essere agganciati a progetti di ricerca industriale e/o sviluppo sperimentale entro i limiti del 25% del costo dell’investimento produttivo e del 5% per la formazione del personale.18 Anche in questo caso il 40% dei fondi disponibili va a finanziare progetti da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno.

Il primo elettrolizzatore industriale costruito in Italia è stato realizzato nel 2023 a Pizzighettone (Cremona) da parte della H2Energy ed esposto alla Fiera della Tecnologia industriale di Hannover nel 2023. Si tratta di un’apparecchiatura per la produzione di idrogeno attraverso l’elettrolisi dell’acqua alimentata da energia verde di dimensioni contenute (Figura 2) e di potenza di 1 MW realizzata con tecnologia innovativa. Saro Capozzoli, uno dei tre soci della srl, ha dichiarato che è stato realizzato l’elettrolizzatore per produrre idrogeno verde italiano e per non dipendere, anche in questo campo, da strutture e fornitori esteri. Per questo, ha continuato, abbiamo costituito un importante laboratorio di Ricerca & Sviluppo con un team di esperti chimici, ingegneri dei materiali e ricercatori puri di prim’ordine.


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Figura 2. Apparecchiatura per la produzione di idrogeno per elettrolisi dell’acqua

L’ENI, il più grande produttore e consumatore di idrogeno (grigio, ottenuto dalla deidrogenazione del metano) in Italia, in collaborazione con Enel Green Power, intende investire nell’ambito dell’idrogeno verde. Infatti, nella bioraffineria di Gela sarà installato un elettrolizzatore da 20 MW e nella raffineria di Taranto uno da 10 MW alimentato da energia derivante da fonte green.19

Naturalmente nel PNRR non si fa cenno all’idrogeno “bianco” (H2 come tale) che può essere estratto da giacimenti sotterranei, perché l’individuazione e le potenzialità delle riserve sono relative agli ultimi mesi del 2023.20 Il giacimento individuato nella Lorena (Francia), sotto una miniera esaurita di carbone, si stima abbia una riserva di 46 miliardi di metri cubi di idrogeno, oltre la metà della produzione mondiale di H2 grigio. I geologi interpretano l’origine di questa miniera lorenese con il fatto che nel sottosuolo si trova acqua che, a contatto con minerali costituiti anche da ferro (carbonati di ferroII), reagisce decomponendo le molecole dell’acqua in idrogeno e ossigeno; l’ossigeno viene sottratto per combinazione con i minerali di ferro che passano da Fe+2 a Fe+3. Un giacimento simile è stato scoperto anche in Albania, a Bulkise, in un’area prossima alla capitale Tirana. Certamente queste scoperte potranno accelerare la transizione energetica anche perché, dai calcoli fatti, è emerso che l’idrogeno “naturale” verrebbe a essere assai più conveniente di quello “verde” e paragonabile al costo dell’idrogeno “grigio”.

3.3 Nuova normativa per promuovere la produzione e il consumo di gas rinnovabile. Sviluppo del biometano secondo criteri per promuovere l’economia circolare

Com’è noto la Commissione Europea, nonostante forti tensioni interne, ha approvato l’inserimento del gas e del nucleare nella tassonomia “verde”, come attività compatibili con la transizione ecologica. La normativa per il gas è stata recepita dal nostro PNRR che prevede la produzione di biogas e la promozione dello sviluppo del biometano.

Il biogas è un gas combustibile prodotto dalla decomposizione di materiale organico tramite un processo chiamato digestione anaerobica. Questo materiale organico può essere di varia natura, come ad esempio scarti agricoli, alimentari o effluenti zootecnici. Durante la digestione anaerobica, i batteri decompongono la materia organica producendo principalmente metano (CH4) e diossido di carbonio (CO2), insieme ad altri gas e composti.

Il biogas è considerato una fonte di energia rinnovabile perché il suo processo di produzione, come ricordato, si basa su materiali organici naturali e rinnovabili. Questa miscela di gas viene utilizzata localmente come combustibile per generare energia elettrica e termica.

Può essere superfluo ricordare, ma lo facciamo ugualmente, che il gas metano, pur potendo essere prodotto in maniera “bio”, per combustione, in quanto idrocarburo, genera comunque CO2 e, quindi, può essere tollerato solo in una fase iniziale di transizione energetica, se ottenuto per economia circolare (non fossile), ma non successivamente.

Si sono molto sviluppati in questi anni gli impianti di produzione di biogas. Francia, Italia e Danimarca sono i Paesi con il più alto tasso di crescita dei nuovi impianti. Nel 2020 in Italia sono entrati in funzione 11 nuovi impianti e a fine 2021 gli impianti di produzione tra biogas e biometano erano circa 20.000,21 concentrati soprattutto nelle regioni settentrionali.

Mentre la produzione di biogas interessa un gran numero di piccoli produttori agricoli, la produzione di biometano, ottenuto depurando il biogas, riguarda grosse concentrazioni di imprese e il gas metano prodotto viene immesso nella rete di distribuzione nazionale (Figura 3).


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Figura 3. Impianto per la produzione di biometano di Schiavon (VI)

Le aziende che producono biometano rientrano nel settore che viene sostenuto dai finanziamenti del PNRR: per la filiera del biometano il PNRR destina 1,92 miliardi di euro e prevede di raggiungere nel 2026 una produzione di 4 miliardi di metri cubi.

È a Contarina che è stato inaugurato il primo impianto di compostaggio con produzione di biometano dal trattamento di umido e vegetale, raccolti porta a porta nei 49 comuni del bacino Priula (Figura 4). Lo stabilimento produrrà a regime 4,5 milioni di metri cubi di biometano all’anno.

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Figura 4. Impianto di produzione di biogas e compostaggio di Contarina

3.4 Installazione di infrastrutture di ricarica elettrica

Il PNRR prevede, sempre nel capitolo M2C2, l’installazione di colonnine di ricarica per auto elettriche e ha l’obiettivo di sostenere gli investimenti per la realizzazione di nuove infrastrutture di ricarica realizzate nei centri urbani e sulle autostrade. L’obiettivo è la costruzione di oltre 21.000 stazioni di ricarica entro il 2025, favorendo la mobilità sostenibile. Il MASE ha pubblicato le graduatorie per centri urbani e superstrade relative al primo bando del PNRR che stanzia per il progetto oltre 741 milioni di euro e che a metà 2023 ha sbloccato i primi 713 milioni sottoforma di contributi a fondo perduto, di cui 360 milioni sono previsti per i punti di ricarica in superstrada e 353 milioni per quelli dei centri urbani.

Sono stati 4.718 i progetti presentati per l’installazione di punti di ricarica da parte di aziende ed enti interessati ai centri urbani per un totale di 70 milioni di euro. L’adesione al bando PNRR del 2023, in accordo con il MASE, si riferisce a una prima fase di installazioni di 4.000 colonnine in centri urbani, mentre non è stato ammesso nessun progetto per l’installazione di colonnine da almeno 750 kW sulle superstrade, perché non aderenti ai requisiti posti dal MASE, ma il Ministero estenderà la durata del bando per le infrastrutture extraurbane a tutto i 2024. Le attuali colonnine di ricarica sono concentrate soprattutto nel nord Italia come mostra la cartina di (Figura 5).


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Figura 5. Colonnine di ricarica in Italia

In Italia i punti di ricarica ad accesso pubblico erano, al 31 dicembre 2023, oltre 50.000, di cui circa 37.000 in AC e 13.000 in DC.22 I punti di ricarica privati alla fine del 2023 erano molto numerosi e sono in forte crescita (Figura 6).

È interessante osservare che il 70% degli italiani è favorevole all’auto elettrica, ma il 40% è scoraggiato dall’acquisto per il prezzo elevato delle auto e, soprattutto, ritiene inadeguata la rete di distribuzione delle colonnine di ricarica.23

Quindi, l’obiettivo chiave per garantire l’efficienza concreta della mobilità elettrica sta nella distribuzione capillare delle colonnine di ricarica su tutto il territorio nazionale.


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Figura 6. Un punto di ricarica privato

Com’è noto le batterie funzionano in corrente continua (DC) e si ricaricano in DC. Ci sono colonnine a corrente alternata (AC) e colonnine a DC.24 L’auto elettrica porta al suo interno un particolare caricatore che possiede un convertitore che trasforma la AC in DC per trasmetterla alle batterie; questo dispositivo, però, rende lenta la ricarica.

4. Riassumendo

Da quanto abbiamo detto si comprende che il nostro PNRR è green solo sulla carta perché, quando si tratta di passare alla concreta realizzazione di ciò che prevede, le cose non vanno come dovrebbero: alle parole non seguono generalmente i fatti.

La Missione 2, come si è visto, riguarda essenzialmente aspetti della transizione energetica e la Componente 2 si concentra sugli aspetti di maggiore importanza: gli impianti eolici onshore e offshore e le comunità energetiche. Ebbene, in entrambi questi ambiti si avvertono le più forti carenze. Da una parte la promozione delle comunità energetiche ha dovuto aspettare 19 mesi per vedere pubblicati i decreti applicativi che ne definiscono i contorni giuridici, determinando un grande ritardo al loro sviluppo. Dall’altra, la lunghezza ancora esasperante delle procedure autorizzative degli impianti offshore di grande potenza (per i quali è prevista l’autorizzazione unica statale da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica)25 e i frequenti pareri negativi per impianti di media potenza26 bloccano di fatto il loro sviluppo. Voglio sperare che i tre campi eolici offshore progettati al largo della Sardegna, di cui abbiamo accennato sopra, possano essere autorizzati in tempi ragionevoli e avere una rapida realizzazione per contribuire in modo importante al nostro fabbisogno energetico rinnovabile.

Va un po’ meglio nel caso della ricerca e sviluppo dell’idrogeno: a novembre 2023 sono stati emanati due bandi per finanziamenti e si stanno realizzando varie iniziative, pur procedendo sempre con calma. Il primo elettrolizzatore industriale per produrre idrogeno verde è stato inaugurato nell’autunno del 2023. Naturalmente tutto tace sulla scoperta recente dell’idrogeno “bianco” e c’è ancora confusione sui campi di applicazione razionale dell’idrogeno che non può essere sostitutivo delle rinnovabili, ma le può validamente affiancarle là dove sono necessarie combustioni (ad esempio, in siderurgia).

Ha avuto, invece, particolare attenzione la promozione di biometano e biogas dal momento che la Commissione Europea ha inserito il gas nella tassonomia “verde”, ma dobbiamo ancora una volta ricordare che il biometano di “bio” ha solo la sua produzione, perché il suo impiego (combustione) non produce “bioCO2”, ma semplicemente CO2!

Inoltre, ci si sta muovendo abbastanza bene sulla promozione di infrastrutture per la ricarica elettrica e unitamente alle iniziative di privati si sta raggiungendo uno standard che può essere definito accettabile.

Infine, come procede nel tempo l’attuazione del PNRR?

È stata trasmessa alla Commissione Europea la richiesta di pagamento della sesta rata del nuovo PNRR pari a 8,5 miliardi di euro. Tale richiesta è emersa dai lavori della Cabina di Regia il 24 giugno scorso a Palazzo Chigi, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, per il conseguimento dei 37 obiettivi connessi. Il versamento della rata avverrà al termine del consueto iter di valutazione previsto dalle procedure europee, finalizzato a verificare l’effettivo raggiungimento dei target e delle Missioni previste. Nell’elenco di questi obiettivi, la stragrande maggioranza afferenti a molte missioni diverse, per quanto riguarda la Missione 2 è presente un investimento strategico legato alla realizzazione di infrastrutture per il potenziamento del trasporto del gas (Linea Adriatica): si tratta cioè del secondo gasdotto dell’Italia centrale che la SNAM (ENI) sta realizzando. Nemmeno una parola sullo sblocco dei tanti progetti sospesi di eolico offshore che, come abbiamo detto precedentemente, sarebbero decisivi per la sostenibilità dello sviluppo energetico del nostro Paese.

Da tutto questo si comprende molto bene quale sia l’orientamento della Cabina di Regia nello sviluppo del PNRR: si devono seguire le linee promosse da ENI, le rinnovabili possono aspettare.

Gli obiettivi posti dall’Europa di avere 80 GW di rinnovabili entro il 2030 non potranno essere raggiunti se continuiamo a mettere in esercizio 3-4 GW l’anno, come sta avvenendo ora. Non solo, perché in questo settore non esistono indicazioni parziali da raggiungere passo, passo, ma si fa solo riferimento all’obiettivo finale del 2030: tutto viene rimandato alla gestione dei singoli Paesi. Ma è possibile che si possa spendere denaro pubblico da parte di ENI per spingere ancora sul gas contro gli obiettivi fondamentali della transizione energetica?

Concludendo, che giudizio è possibile dare sull’azione svolta dal PNRR “verde”?

Siamo ancora molto carenti circa la promozioni delle rinnovabili che rappresentano il capitolo più importante per raggiungere la sostenibilità del Paese nel settore energetico. Anche se in qualche ambito della Missione 2 qualcosa si sta muovendo, il giudizio complessivo finora non può essere certo positivo.


  1. 1 Tito Boeri, Roberto Perotti, La grande abbuffata, Feltrinelli editore, ottobre 2023.

  2. 2 Gli autori denunciano molti errori, in sintesi: le dimensioni erano troppo grandi da affrontare in poco tempo; sono stati posti obiettivi irrealistici; non si è tenuto conto della scarsa capacità di spesa del Paese; la PA è da sempre incapace di monitoraggio e rendicontazione; mancanza di un controllo sostanziale (le spese che si fanno sono veramente utili?); difettosa comunicazione e scarsa trasparenza; mancanza di una governance adeguata; il PNRR, infatti, richiede il coinvolgimento di diversi livelli di governo: era necessaria una governance articolata e plurale oltre che competente e, invece, smontata quella messa in campo da Draghi, Meloni ha accentrato la governance a Palazzo Chigi, affidandola a un’unica persona, Raffaele Fitto, e sottraendola al Ministero dell’Economia e delle Finanze; si sarà in grado di attuare le riforme previste dal PNRR?

  3. 3 Ha impiegato più di un anno per emanare le regole delle cosiddette Comunità Energetiche Rinnovabili (più volte stigmatizzato da Nuova Ecologia) e non ha approvato alcun parco eolico in mare, nonostante i numerosi progetti avanzati (vedi avanti).

  4. 4 Eppure, a mio parere le competenze in questo campo non mancherebbero nel nostro Paese, basta pensare alla persona che sarebbe stata davvero adatta al Ministero “verde” e a rivestire la direzione della Missione 2 del PNRR: il prof. Enrico Giovannini, che è stato Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile nel governo Draghi, è professore ordinario di Statistica Economica all’Università di Roma Tor Vergata e docente di Sviluppo Sostenibile alla LUISS. È fondatore e portavoce dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (AISS), Presidente dell’European Statistical Governance Advisory Board, membro del Consiglio Direttivo del Club di Roma e di numerosi board di Fondazioni e di Organizzazioni nazionali e internazionali. È autore del famoso libro “L’Utopia sostenibile” di cui ho ampiamente trattato nel mio libro “Salviamo il pianeta”. Va ricordato anche che Giovannini è anche autore di un nuovo indice di sviluppo di un Paese, denominato Bes (Benessere sostenibile).

  5. 5 Luca Pagni, Solare, compromesso sui pannelli nei campi, La Repubblica, 7 maggio 2024.

  6. 6 Luca Pagni, Il governo fissa nuovi paletti alle rinnovabili, La Repubblica, 8 giugno 2024.

  7. 7 Redazione Legambiente, Decreto Aree idonee: ulteriori barriere per le rinnovabili, 12 giugno 2024.

  8. 8 A fronte di uno studio condotto da Floating Offshore Wind Community (costituita da Fincantieri e altri partner industriali) che dimostra come l’Italia e il Mediterraneo siano luoghi ideali per la produzione di energia eolica tramite turbine galleggianti in acque profonde lontane dalla costa e, quindi, praticamente invisibili da terra, in grado di dare un contributo decisivo agli obiettivi di decarbonizzazione del Paese (https://www.economiadelmare.org/eolico-offshore-galleggiante-opportunita-nel-percorso-di-decarbonizzazione-e-ricadute-industriali-per-litalia-pubblicato-lo-studio/), dobbiamo registrare l’ennesima uscita sgangherata del Ministro Lollobrigida che, dopo il discusso DL sull’agricoltura, in un’intervista ha dichiarato che “gli impianti in mare impediscono ai pescatori di fare il loro lavoro e farò di tutto per impedire che questi impianti ostacolino la produzione di un asset qualificante della nostra nazione [la pesca].

  9. 9 Vito de Ceglia, Eolico offshore al rallentatore: 70 progetti in attesa del via libera, La Repubblica, 17 luglio 2023; Vito de Ceglia, Rinnovabili, 5 mila pratiche in coda, La Repubblica A&F, 22 aprile 2024.

  10. 10 È stato inaugurato il 21 aprile 2023 a Taranto il primo parco eolico offshore del Mediterraneo. A realizzarlo, 14 anni dopo la presentazione del progetto, è stata la società del gruppo Toto Renexia.

  11. 11 Davide Madeddu, Renantis: tre parchi eolici pronti per la valutazione di impatto ambientale, Il Sole 24 Ore, 29 febbraio, 2024.

  12. 12 Santolo Meo, Il paradosso dell’energia, La Repubblica, 4 gennaio 2024.

  13. 13 Luca Pagni, Per le rinnovabili aiuti di Stato pagati in bolletta, La Repubblica, 5 giugno 2024.

  14. 14 https://www.gruppoiren.it/it/everyday.html

  15. 15 La Lombardia è la regione con il maggior numero di impianti (oltre 160.000), seguono Veneto (con circa 148.000 impianti), Emilia-Romagna (con 105.000), Piemonte (con 70.400) e Lazio (con 67.900).

  16. 16 Sergio Ferraris, Sara Casna, Scusate il ritardo, Nuova Ecologia, marzo 2024.

  17. 17 Tra queste ricordiamo la CER “storica” di Campo Tures, centro di poco più di 5.000 abitanti in provincia di Bolzano, che copre l’intero fabbisogno energetico con un mix di rinnovabili (fotovoltaico, eolico e idroelettrico e biogas) e che ha anche 22 km di condotte per il teleriscaldamento.

  18. 18 https://www.confindustriabergamo.it/aree-di-interesse/credito-finanza-e-confidi/news?id=174351

  19. 19 https://www.industriaitaliana.it/eni-idrogeno-bioraffinera-elettrolizzatore-rinnovabili/

  20. 20 Luca Pagni, Idrogeno, in Europa un tesoro sottoterra, La Repubblica, A & F, 26 febbraio 2024.

  21. 21 https://www.assogasmetano.it/biometano-mappa-impianti-italia-e-europa/

  22. 22 Smart Mobility Report 2023 realizzato da Energy & Strategy Group

  23. 23 https://e-ricarica.it/numeri-e-statistiche-approfondimenti/

  24. 24 Colonnina di ricarica elettrica pubblica in CA.

  25. 25 Nonostante la Direttiva europea n. 2018 dell’UE preveda di concedere autorizzazione al massimo di 2 anni (ridotta a 1 anno per il potenziamento degli impianti esistenti), gli impianti eolici italiani, se autorizzati, superano quasi sempre i 3 anni.

  26. 26 Normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili-Documentazione n. 47, 27 giugno 2023 (http://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/AP0055.pdf)