Competenze digitali e educazione: il framework europeo DigComp per proteggersi dall’anti-scienza

Giada Trisolini

Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin”
dell’Università di Bologna

e-mail: giada.trisolini2@unibo.it


Indice

1. L’impegno di scuola e università per combattere l’anti-scienza

2. Didattica e DigComp 2.2

3. Conclusioni

Riferimenti



Abstract. Is it possible to say that one can protect oneself from anti-science with digital skills? The answer is yes, not only because of the training offered by schools and universities but also because of the numerous European initiatives dedicated to the development of basic digital skills and retraining. This contribution intends to provide an overview of the main funding activated by the EU within the framework of the Year of Competences 2023 aimed at giving a new boost to lifelong learning, taking the European DigComp 2.2 framework and its versions as its main reference.

Keywords: Competenza digitale; alfabetizzazione ai dati; apprendimento permanente


1. L’impegno di scuola e università per combattere l’anti-scienza

Da sempre università e scuole tendono a combattere il pensiero antiscientifico, le fake news, la misinformazione e la disinformazione attraverso la promozione di molteplici iniziative formative, spesso a carattere divulgativo e aperte al pubblico, volte a trattare tematiche anche complesse per stimolare l’individuo a sviluppare il pensiero critico, il ragionamento scientifico e le competenze trasversali utili e necessarie per essere cittadini attivi e consapevoli. Basti pensare alla terza missione dell’università che, attraverso processi di interazione diretta con la società civile e il tessuto imprenditoriale, mira a promuovere la crescita economica e sociale del territorio, oppure alle iniziative extra scolastiche come i PCTO per le scuole secondarie di secondo grado, o i laboratori di educazione civica, oppure, ancora, progetti dedicati ad un tema specifico rivolti agli studenti di ogni ordine e grado scolastico.

Una ricerca condotta da Light et al. pubblicata su Science Advances [1] mette in luce che le persone con una forte diffidenza nei confronti delle evidenze scientifiche hanno conoscenze oggettive sul tema piuttosto basse e una conoscenza soggettiva elevata (overconfidence). Il contributo esamina, attraverso cinque studi, le interrelazioni tra l’opposizione al consenso degli esperti su questioni scientifiche controverse, quanto le persone conoscono effettivamente tali questioni e quanto pensano di sapere. I primi due studi analizzano l’atteggiamento degli intervistati nei confronti di sette temi su cui è stato stabilito un consenso scientifico diffuso (cambiamenti climatici, cibi geneticamente modificati, energia nucleare, vaccini, medicina omeopatica, Big Bang e teoria evolutiva); il terzo studio si concentra sulla misura della conoscenza soggettiva per eliminare l’ambiguità nell’interpretazione della misura della conoscenza soggettiva tra gli intervistati, ovvero lo scollamento tra l’autovalutazione della conoscenza soggettiva degli intervistati e la loro capacità di rispondere a domande basate su fatti scientifici accettati; infine, il quarto e il quinto studio esaminano gli atteggiamenti degli intervistati sulla vaccinazione COVID-19 e sulle attività o le politiche per mitigare la diffusione del virus. I risultati indicano che le persone con i più alti livelli di opposizione hanno i più bassi livelli di conoscenza oggettiva, ma i più alti livelli di conoscenza soggettiva. I risultati della ricerca suggeriscono che “knowledge may be related to pro-science attitudes but that subjective knowledge – individuals’ assessments of their own knowledge – may track anti-science attitudes. This is a concern if high subjective knowledge is an impediment to individuals’ openness to new information” [1, p. 1].

Secondo Israel [2] “la crisi della cultura scientifica e l’analfabetismo scientifico – in particolare, matematico – sono sempre più acute e in Italia diventano vere e proprie grida d’allarme” [2, p. 7]; potrebbero essere riconducibili all’incapacità della scienza di dialogare con i saperi umanistici e diventare “cultura” intesa come orizzonte di senso [3] e alla ridotta presenza di studentesse e studenti immatricolati a corsi di laurea STEM, come riportato nel rapporto Almalaurea 2022:1 “nell’a.a. 2021/22 le donne immatricolate a corsi di laurea STEM sono il 21,2%, gli uomini il 41,6%” (p. 126) e “in Italia l’area prevalente è quella delle scienze sociali, economiche e giuridiche, che rappresenta il 35,0% del complesso dei laureati del 2020, valore lievemente superiore alla media OECD (34,2%). L’area delle discipline STEM riguarda nel nostro Paese il 23,7% dei laureati (p. 17)”.

Temi come la verifica dell’attendibilità delle fonti e l’onestà intellettuale su cui il metodo scientifico si basa e che in ambito accademico si considerano imprescindibili per rispondere alla prima e alla seconda missione universitaria, sono oggi più che mai di indispensabile applicazione. Basti pensare alle svariate iniziative, che in gergo giornalistico sono chiamate fact-checking, determinate a monitorare e correggere eventualmente le notizie false o fuorvianti diffuse in tutto il mondo. Se davanti a un testo il lettore trova dubbia un’affermazione l’atteggiamento utile sarebbe quello di verificare la veridicità dell’affermazione stessa, correggere o approfondire e se possibile arricchire tale scritto con fonti, citazioni, autori. Ciò, grazie al web 2.0, è possibile attraverso molteplici applicazioni che consentono la scrittura collaborativa dei testi (si pensi al wiki), oppure a piattaforme social che permettono di alimentare dibattiti aperti (forum tematici, piattaforme e-learning, petizioni online). Il tema dell’onestà intellettuale nella sua più ampia accezione ricade a mio avviso in quella attitudine che dovrebbe avere il ricercatore intento a scrivere una tesi o un paper scientifico. Un approccio umile alla ricerca attraverso il quale il ricercatore contribuisce con la sua parte al dibattito scientifico, offrendo alla comunità le ipotesi, i metodi, gli strumenti e i risultati affinché anche i colleghi possano replicare l’esperimento. Se trasponessimo questi due temi – verifica delle fonti e onestà intellettuale – dal mondo accademico al mondo scolastico mancherebbe un anello di congiunzione che a mio parere è rappresentato dal pensiero critico. Sviluppare negli studenti il pensiero critico non vuol dire renderli scettici e dubbiosi di tutto, ma portarli verso una formazione del pensiero più ampia, senza tralasciare la componente riflessiva del pensiero stesso. In una scuola in cui le piattaforme digitali consentono agli studenti di superare limiti spazio-temporali risulta urgente riflettere sulle responsabilità dell’educazione nello sviluppo del pensiero critico.

Una prima riflessione potrebbe essere relativa a individuare il compito principale dell’insegnante che dovrebbe essere quello di sviluppare il pensiero come atto del pensare e non dell’essere pensato. Grazie all’attività critica del pensiero la conoscenza viene sottoposta a verifica e le convinzioni vengono di conseguenza riorganizzate [4]. Una seconda riflessione urgente riguarda il processo educativo e come esso renda evidente la distinzione tra conoscenza, che è obiettiva e impersonale, e pensiero, che è soggettivo e personale. Lipman [5] scrive che “il pensiero implica una compenetrazione e un’ibridazione di diverse forme di comportamento mentale, che siamo liberi di concettualizzare in ragionevolezza, creatività e cura. Ogni forma assunta da questi comportamenti è una forma di ricerca; la loro unione non genera un effetto additivo bensì moltiplicativo” [5, p. 220]. Per Dewey [6] il compito dell’educazione è quello di coltivare le attitudini del pensiero riflessivo e consiste “nella formazione di abiti di pensiero svegli, attenti e profondi” [6, p. 147]. Imparare a pensare sviluppa una presa di coscienza relativa alle proprie conoscenze e permette di conoscere e dirigere i propri processi di apprendimento.

La storia della teoria dell’educazione è stata contrassegnata da una forte contrapposizione del modello trasmissivo-istruttivo a quello attivo e progressista. Richiamando ancora Come pensiamo di Dewey [6], l’apprendimento dovrebbe essere configurato come un processo attivo in cui lo studente può interagire con il contesto e quindi modificarlo. L’adozione di metodi didattici attivi facilita i processi di costruzione della conoscenza privilegiando una dimensione esperienziale, nella quale l’apprendimento non è mero risultato, ma un processo centrato sull’acquisizione di un metodo di ragionamento. La partecipazione attiva degli allievi al processo di apprendimento consente loro di interagire con l’ambiente attraverso l’esperienza, costruendo e riadattando le proprie conoscenze e pensieri. L’attribuzione di significato all’esperienza determina l’attivazione di processi meta-riflessivi che consentono all’allievo di prendere coscienza delle proprie capacità e dei propri processi cognitivi.

2. Didattica e DigComp 2.2

Restando in ambito didattico, gli ambienti digitali possono favorire lo scambio, il dialogo e la partecipazione attiva dello studente nel processo di apprendimento, garantendo dinamiche di reciproca interdipendenza. La forte interazione sociale che avviene in tali contesti di apprendimento online avvia un processo di costruzione sociale della conoscenza con una funzione riflessiva, che si basa sulla mobilitazione delle risorse del soggetto per cercare nuove soluzioni, alimentare il dibattito, produrre nuovi equilibri. Perciò è necessario che lo studente sviluppi un livello di competenza digitale tale da permettergli di “abitare” in modo consapevole questi spazi digitali.

Il principale riferimento europeo in ambito di competenza digitale è l’European Digital Competence Framework, noto anche come DigComp, elaborato per supportare lo sviluppo delle competenze digitali dei cittadini, affinché godano di una buona qualità della vita, partecipino alla società democratica e siano competitivi nel mondo del lavoro. Il framework DigComp è stato sviluppato dal Joint Research Centre (JRC) ed è stato pubblicato per la prima volta nel 2013 diventando il riferimento principale per lo sviluppo e la pianificazione strategica di iniziative sulle competenze digitali, sia a livello europeo sia nei singoli stati membri dell’Unione. Tali linee guida sono strutturate in una matrice che comprende cinque dimensioni: 1. Aree di competenza; 2. Descrittori delle competenze; 3. Livelli di padronanza; 4. Conoscenze, attitudini e abilità applicabili a ciascuna competenza; 5. Esempi di utilizzo sull’applicabilità della competenza.

In tali aree di competenza sono incluse in totale 21 competenze digitali così raggruppate:

1. Alfabetizzazione su informazioni e dati

1.1 Navigare, ricercare e filtrare dati, informazioni e contenuti digitali

1.2 Valutare dati, informazioni e contenuti digitali

1.3 Gestire dati, informazioni e contenuti digitali

2. Comunicazione e collaborazione

2.1 Interagire attraverso le tecnologie digitali

2.2 Condividere informazioni attraverso le tecnologie digitali

2.3 Esercitare la cittadinanza attraverso le tecnologie digitali

2.4 Collaborare attraverso le tecnologie digitali

2.5 Netiquette

2.6 Gestire l’identità digitale

3. Creazione di contenuti digitali

3.1 Sviluppare contenuti digitali

3.2 Integrare e rielaborare contenuti digitali

3.3 Copyright e licenze

3.4 Programmazione

4. Sicurezza

4.1 Proteggere i dispositivi

4.2 Proteggere i dati personali e la privacy

4.3 Proteggere la salute e il benessere

4.4 Proteggere l’ambiente

5. Risoluzione di problemi

5.1 Risolvere problemi tecnici

5.2 Individuare fabbisogni e risposte tecnologiche

5.3 Utilizzare in modo creativo le tecnologie digitali

5.4 Individuare divari di competenze digitali

Le 21 competenze possono essere valutate su una scala di otto livelli di padronanza che sono stati formulati, per ciascuna delle 21 competenze, attraverso i risultati di apprendimento (definiti seguendo la tassonomia di Bloom e il quadro europeo delle qualifiche EQF). Ciascun livello di descrizione contiene conoscenze, abilità e attitudini racchiuse in un unico descrittore per ciascun livello di competenza, per un totale di 168 descrittori (8 × 21 risultati di apprendimento). I differenti livelli di padronanza si distinguono in:

Nel corso degli anni sono susseguite diverse versioni del framework fino ad arrivare al più recente DigComp 2.2 del 2022 [7] che riprende la versione 2.1 del 2017, integrandola con più di 250 nuovi esempi di conoscenze, abilità e atteggiamenti che aiutano i cittadini a confrontarsi con fiducia, in modo critico e sicuro con le tecnologie digitali e con quelle nuove ed emergenti, come i sistemi guidati dall’intelligenza artificiale (AI). La pervasività con cui si diffondono, soprattutto in ambienti online ma anche offline, contenuti e notizie accompagnati da dati e tesi evidence-based ha portato, necessariamente, all’integrazione del DigComp con nuove esemplificazioni che riguardano specificatamente competenze di cittadinanza digitale, esempi che, quindi, possono essere utilizzati per affrontare temi rilevanti per la società odierna:

In tale framework trovano, pertanto, spazio anche aspetti computazionali della realtà, big data e sistemi di intelligenza artificiale. Basti pensare ai nuovi sistemi di interazione con essa, come ad esempio ChatGPT, ma anche sistemi di identità digitale, credenziali digitali, open badge, micro-credentials.

Il centro JRC ha sviluppato, inoltre, ulteriori frameworks specificatamente dedicati all’ambito education, così denominati:

Il Quadro europeo per la competenza digitale degli educatori fornisce un piano generale di riferimento per supportare lo sviluppo di competenze digitali specifiche degli educators in Europa (Figura 1).


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Figura 1. The European Framework for the Digital Competence of Educators (DigCompEdu)2

DigiCompEdu è rivolto a tutte quelle figure professionali che operano a qualsiasi livello di istruzione, dalla prima infanzia all’istruzione superiore e per gli adulti, compresi l’istruzione e la formazione generale e professionale, l’educazione per i bisogni speciali e i contesti di apprendimento non formale. L’attenzione non si concentra sulle competenze tecniche, piuttosto, il quadro mira a dettagliare come le tecnologie digitali possano essere utilizzate per migliorare e innovare l’istruzione e la formazione.

Le professioni dell’insegnamento devono far fronte a esigenze in rapida evoluzione, che richiedono un insieme di competenze nuove, più ampie e più sofisticate rispetto al passato. L’ubiquità dei dispositivi e delle applicazioni digitali, in particolare, richiede agli educatori di sviluppare le loro competenze digitali. DigCompEdu, inoltre, descrive cosa significa per gli educatori essere competenti in campo digitale e fornisce un quadro di riferimento generale per sostenere lo sviluppo di competenze digitali specifiche degli educatori in Europa.

Il framework DigCompOrg è rivolto a organizzazioni educative (ad esempio, scuole primarie, secondarie e IFP, nonché istituti di istruzione superiore) per guidare un processo di integrazione completa ed efficace delle tecnologie di apprendimento digitale. L’integrazione delle tecnologie digitali in contesti educativi richiede una significativa innovazione didattica e riguarda in particolare tre dimensioni fondamentali: pedagogica, tecnologica e organizzativa. Al fine di migliorare la capacità di innovazione e sfruttare il pieno potenziale delle tecnologie e dei contenuti digitali è opportuno che le istituzioni educative revisionino le loro strategie organizzative. DigCompOrg è stato concepito per concentrarsi principalmente sull’insegnamento, l’apprendimento, la valutazione e le relative attività di supporto all’apprendimento intraprese da una determinata organizzazione educativa. Gli scopi principali di DigCompOrg sono quelli di incoraggiare l’auto-riflessione e l’auto-valutazione all’interno delle organizzazioni educative, mentre approfondiscono progressivamente il loro impegno con l’apprendimento e le pedagogie digitali, e consentire ai responsabili politici (a livello locale, regionale, nazionale e internazionale) di progettare, implementare e valutare programmi, progetti e interventi politici per l’integrazione delle tecnologie di apprendimento digitale nei sistemi educativi e formativi. DigCompOrg presenta sette elementi chiave e quindici descrittori che possono essere considerati legati a “responsabilità organizzative” (ad esempio, infrastrutture), o a “responsabilità individuali” (ad esempio, pratiche di insegnamento e apprendimento). Per ciascuno di essi sono stati sviluppati ulteriori descrittori (74 in totale) che sono stati rappresentati in un diagramma circolare che pone enfasi sulla loro interrelazione e interdipendenza (Fugura 2). Ciò riflette il fatto che un’organizzazione educativa digitalmente competente ha bisogno di una combinazione equilibrata di leadership e governance forti (per la visione e le strategie dall’alto verso il basso) e di personale e stakeholder in grado di assumersi responsabilità personali (per le azioni auto-iniziate e gli sforzi e le iniziative dal basso verso l’alto).


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Figura 2. The European Framework for the Digitally-competent Educational Organization (DigCompOrg)3

Il 2023 è l’anno europeo delle competenze4 che intende dare una nuova spinta all’apprendimento permanente mettendo a disposizione degli stati membri finanziamenti dedicati allo sviluppo delle competenze e alla riqualificazione professionale (ad esempio, FSE+, Erasmus+, Recovery and resilience scoreboard, Digital, Horizon), stimolando il coinvolgimento di imprese private e stakeholder anche grazie alle numerose iniziative già in corso, fra le quali:

Sono quattro gli obiettivi che l’UE intende raggiungere attraverso l’Anno europeo delle competenze: promuovere investimenti maggiori, più efficaci e inclusivi nella formazione e nel miglioramento del livello delle competenze, per sfruttare appieno il potenziale della forza lavoro europea e sostenere le persone nel passaggio da un posto di lavoro a un altro; garantire che le competenze siano adeguate alle esigenze del mercato del lavoro, anche cooperando con le parti sociali e le imprese; abbinare le aspirazioni e le competenze delle persone alle opportunità offerte dal mercato del lavoro, in particolare per la transizione verde e digitale e la ripresa economica con un’attenzione speciale a donne e giovani, che non hanno un lavoro né seguono un percorso scolastico o formativo; attrarre persone provenienti da paesi terzi con le competenze necessarie all’UE, anche rafforzando le opportunità di apprendimento e la mobilità e agevolando il riconoscimento delle qualifiche.

3. Conclusioni

Come riportato dal Dipartimento delle politiche europee: “attualmente oltre tre quarti delle imprese dell’UE incontrano difficoltà a trovare lavoratori qualificati e i dati Eurostat più recenti indicano che solo il 37% degli adulti ha l’abitudine di seguire corsi di formazione. Inoltre, 4 cittadini europei su 10 (1 lavoratore su 3) non dispongono delle competenze digitali di base. Già nel 2021, in ben 28 attività lavorative (dall’edilizia all’assistenza sanitaria, dall’ingegneria all’informatica) si registravano carenze in termine di competenze”; partendo da queste premesse, vengono, pertanto, sintetizzati così i nuovi obiettivi per il 2030 “almeno il 60% degli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione, contribuendo in tal modo a raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di un tasso di occupazione di almeno il 78%. In base alla bussola per il digitale 2030, entro tale anno nell’UE almeno l’80% degli adulti dovrebbe possedere per lo meno le competenze digitali di base e dovrebbero essere impiegati 20 milioni di specialisti delle TIC, mentre un numero maggiore di donne dovrebbe essere incoraggiato a svolgere tali attività professionali”.12

Il DigComp 2.2 e le sue versioni Edu e Org – intesi come strumento utile a definire la competenza digitale come l’uso sicuro, critico e responsabile delle tecnologie digitali per l’apprendimento, il lavoro e la partecipazione nella società – risulta il documento di riferimento principale per cominciare a parlare di competenze digitali in ambito scolastico e lifelong learning. Grazie alle numerose iniziative europee sopra elencate è possibile affermare che ci si può proteggere dall’anti-scienza con le competenze digitali. Affiancando a questi interventi europei l’offerta formativa scolastica e universitaria, studentesse e studenti possono raggiungere alti livelli di padronanza digitale che permettono loro di smascherare notizie false, attivarsi come fact-checker e misurare la propria conoscenza soggettiva su un tema senza incappare nell’overconfidence.

Riferimenti

[1] N. Light, P. M. Fernbach, N. Rabb, M. V. Geana, S. A. Sloman, Knowledge overconfidence is associated with anti-consensus views on controversial scientific issues, Science Advances, 2022, 8(29) (DOI: 10.1126/sciadv.abo0038).

[2] G. Israel, Chi sono i nemici della scienza?, Lindau, Torino, 2008.

[3] W. Grandi, Teacher education and the popularization of science in Italy: the role of children’s literature, Pedagogia oggi, 2022, 20(1), 69-76.

[4] J. Dewey, Democrazia e Educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1965.

[5] M. Lipman, Educare al pensiero, Vita e Pensiero Editrice, Milano, 2005.

[6] J. Dewey, Come pensiamo, La Nuova Italia, Firenze, 1961.

[7] R. Vuorikari, S. Kluzer, Y. Punie, DigComp 2.2: The Digital Competence Framework for Citizens - With new examples of knowledge, skills and attitudes, EUR 31006 EN, Luxembourg: Publications Office of the European Union, 2022.


  1. 1 https://www.almalaurea.it/sites/default/files/2022-11/almalaurea_profilo_rapporto2022.pdf

  2. 2 https://ec.europa.eu/jrc/en/digcompedu

  3. 3 https://ec.europa.eu/jrc/en/digcomporg/framework

  4. 4 https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/europe-fit-digital-age/european-year-skills-2023_it#iniziative-dellue-volte-a-sostenere-lo-sviluppo-delle-competenze

  5. 5 https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1223&langId=en

  6. 6 https://pact-for-skills.ec.europa.eu/index_it

  7. 7 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_21_6476

  8. 8 https://digital-skills-jobs.europa.eu/en/about/digital-skills-and-jobs-coalition

  9. 9 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_22_4273

  10. 10 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_22_365

  11. 11 https://home-affairs.ec.europa.eu/policies/migration-and-asylum/legal-migration-and-integration/talent-partnerships_it

  12. 12 https://www.politicheeuropee.gov.it/it/comunicazione/notizie/anno-ue-competenze/