Perché gli studenti universitari decidono
di abbandonare gli studi?

Italo Testaa, Silvia Galanoa, Oreste Tarallob

aDipartimento di Fisica “E. Pancini”, Università di Napoli Federico II;
bDipartimento di Scienze Chimiche, Università di Napoli Federico II

e-mail: oreste.tarallo@unina.it

Indice

1. Introduzione 137

2. Confidenza e accuratezza dell’autovalutazione in chimica e fisica 139

3. Metodi

4. Strumenti

5. Analisi dei dati

6. Risultati

7. Conclusioni

Riferimenti


Abstract. In this paper, we investigated the self-assessment ability of first-year students in the Biology and Engineering degree programs engaged in chemistry and physics teaching, respectively, courses that students usually encounter in the first semester of their first year. Specifically, we investigated the correlations between students’ self-assessment ability and the likelihood that they would pass the final exam for the course. Our study shows that students who are more likely to pass the exam are the most calibrated while students who are less likely to pass the exam turn out to be typically over-confident. It also turns out that boys are on average more over-confident than girls.

Keywords: Abbandono degli studi; confidenza; autoefficacia; autovalutazione; metacognizione


1. Introduzione

Le istituzioni di istruzione secondaria e terziaria si trovano con sempre maggior frequenza a dover affrontare il fenomeno del “drop-out”, cioè l’abbandono degli studi da parte degli studenti prima di aver conseguito il diploma o la laurea [1]. Ad esempio, secondo le stime dell’Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico [2], in media il 33% degli studenti termina il percorso di studi prima di conseguire il diploma. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che il fenomeno del drop-out universitario è legato ai voti scolastici, al tipo di scuola superiore frequentata, all’età, al contesto economico e familiare, al genere e alla nazionalità degli studenti che abbandonano gli studi [3-5].

In Italia, a livello universitario, il fenomeno del drop-out coinvolge prevalentemente le matricole e gli studenti cosiddetti “fuori corso”. Secondo le stime dell’ANVUR [3], ad abbandonare gli studi sono in media il 12% degli iscritti al primo anno e il 30% degli studenti iscritti all’università da almeno sei anni.1 Questi dati [3], così come quelli riportati da diversi autori [4], suggeriscono che il monitoraggio delle prestazioni degli studenti nel corso del primo anno di università può risultare cruciale per prevenire il drop-out [5]. Tale monitoraggio è particolarmente importante per i corsi di area Scienze-Tecnologia-Ingegneria-Matematica (STEM), per i quali le competenze pregresse, ad esempio in Matematica, Fisica e Chimica, influiscono significativamente sul percorso accademico [6].

Monitorare il rendimento degli studenti durante il primo anno universitario e supportarli con tutor che li seguano per quanto riguarda l’apprendimento delle conoscenze disciplinari non è, però, sufficiente. Per poter progettare e implementare strategie efficaci di contrasto agli abbandoni è necessario monitorare anche gli aspetti metacognitivi e psicologici che riguardano gli studenti. Infatti, a influire sul rendimento degli studenti, spesso è proprio questa tipologia di variabili, in combinazione con variabili di tipo sociologico e demografico.

Recenti studi in didattica della chimica e della fisica hanno dimostrato, ad esempio, che i risultati accademici in queste discipline possono essere in qualche modo correlati e in qualche modo “previsti” in base al rendimento scolastico, ma anche dalla percezione che lo studente o la studentessa hanno del proprio livello di competenza, autoefficacia e genere. Ad esempio, Vincent-Ruz [7] ha dimostrato che il voto di matematica al termine della scuola superiore (Scholastic Assessment Test, SAT, prova equivalente ai test del consorzio CISIA che si svolge nei paesi anglosassoni) è il più robusto predittore del rendimento all’esame di Chimica Generale. Inoltre, ha riscontrato che questa relazione è mediata dalla percezione di competenza in chimica, ossia dalla percezione che gli studenti hanno della propria capacità di risolvere con successo esercizi e compiti legati alla chimica. Il genere, invece, funge da mediatore tra il voto di matematica e la percezione di competenza: le donne con punteggi SAT di matematica più bassi avevano anche convinzioni di competenza chimica più basse [8]. Dalgety [6] riporta inoltre che l’autoefficacia in chimica risulta essere un predittore statisticamente significativo dell’intenzione degli studenti universitari del primo anno di iscriversi a un corso di chimica del secondo semestre o del secondo anno.

Va sottolineato però che variabili, come le competenze pregresse nelle discipline di base, l’autoefficacia, o la votazione di diploma, o di ammissione all’università (ad esempio il SAT o i test CISIA in Italia), non tengono conto di un possibile disallineamento tra le performance reali di un individuo e la percezione che l’individuo può avere di tali variabili. Partendo da tale considerazione, in questo contributo ci siamo focalizzati sullo studio della fiducia (“confidenza) nella propria performance e di come una errata autovalutazione delle proprie conoscenze e competenze possano influire sul rendimento accademico delle matricole di corsi di laurea di area STEM.

2. Confidenza e accuratezza dell’autovalutazione in chimica e fisica

La confidenza può essere definita come la convinzione di essere riusciti ad avere successo nello svolgere uno specifico compito assegnato quale, ad esempio, un questionario [9]. La confidenza non deve essere confusa con l’autoefficacia: la prima si riferisce a un giudizio metacognitivo retrospettivo, la seconda, invece, si riferisce a un giudizio prospettico sulle proprie capacità [10]. La ricerca ha dimostrato che la confidenza ha una relazione statisticamente significativa con la motivazione, l’interesse e il processo decisionale [11]. Inoltre, la confidenza è positivamente correlata con i risultati accademici e la perseveranza nel portare avanti compiti legati allo studio e all’apprendimento [12].

Un aspetto rilevante delle misure di confidenza è l’accuratezza con cui la si stima. Tale accuratezza misura quanto un individuo sia capace di autovalutare la propria performance in maniera accurata, cioè senza sovra- o sotto-stimarla. Studi precedenti hanno mostrato che migliori prestazioni in un determinato compito sono correlate positivamente con un’accurata autovalutazione della confidenza [13]. Un eccesso di confidenza, a cui corrispondono prestazioni effettive non in linea con le aspettative, risulta invece essere correlato a competenze e capacità decisionali inadeguate, autoregolazione inefficace e bassi risultati [14].

In questo contributo ci siamo interessati al cosiddetto pregiudizio di sovra-confidenza (“overconfidence bias”, [15]). Tale bias corrisponde alla sopravvalutazione delle proprie capacità reali nell’aver eseguito un compito specifico. Per rilevare l’overconfidence bias è necessario, innanzitutto, calcolare la differenza tra il punteggio normalizzato, che esprime la fiducia nell’aver svolto correttamente un certo compito, e la frazione di risposte effettivamente corrette in quello stesso compito. Tale differenza è chiamata accuratezza dell’autovalutazione [16]. Quando l’accuratezza dell’autovalutazione è circa pari a zero, si dice che l’individuo è calibrato, mentre, se l’accuratezza dell’autovalutazione supera di molto lo zero, si può parlare di un bias di sovra-confidenza [12]. Studi precedenti hanno dimostrato che il bias di sovra-confidenza è inversamente proporzionale al rendimento, vale a dire che gli studenti con un rendimento insufficiente mostrano una sovra-confidenza più elevata [17].

La ricerca ha anche identificato una correlazione tra la calibrazione degli individui e la difficoltà del compito [18]. È più probabile, infatti, che la sovra-confidenza si manifesti quando si affrontano compiti difficili, mentre è più probabile che la sotto-confidenza venga rilevata con compiti facili [19]. Inoltre, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la sfiducia aumenta con la pratica e la familiarità con il compito [19]. Tali evidenze suggeriscono che anche il bias di sotto-confidenza può essere dannoso per l’apprendimento, in quanto gli studenti potrebbero non esserne consapevoli, e quindi sottovalutare, i potenziali benefici dell’esercizio sulle proprie prestazioni [20].

Nell’ambito della ricerca in didattica della chimica e della fisica, il costrutto della confidenza è stato utilizzato per lo più come variabile utile all’identificazione delle misconcezioni [21-22]. Poca attenzione è invece stata data al ruolo che l’autovalutazione riveste nell’influenzare il rendimento degli studenti universitari. In questo studio ci siamo concentrati su questo aspetto e, in particolare, sulle seguenti domande di ricerca:

3. Metodi

Per rispondere alle nostre domande di ricerca, abbiamo scelto due corsi di laurea non esplicitamente incentrati né sulla chimica né sulla fisica, ovvero un corso di laurea in Biologia e uno in Ingegneria. Abbiamo coinvolto un campione di convenienza di 206 studenti italiani, 81 dei quali seguivano il corso di laurea in Biologia (studentesse = 75%), mentre 125 erano iscritti al corso di laurea in Ingegneria (studentesse = 22%). L’età dei partecipanti variava tra i 18 e i 21 anni (18,7 ± 0,7 anni s.d.).

Gli studenti di Biologia frequentavano un corso introduttivo di Chimica Generale ed Inorganica di 72 ore, tenuto dall’ultimo autore. Gli studenti di Ingegneria frequentavano un corso introduttivo di Fisica Generale 1 di 48 ore, tenuto dal primo autore.

Entrambi i corsi di Chimica e Fisica erano tenuti al primo semestre del primo anno dei rispettivi Corsi di Studi ed erano essenzialmente finalizzati allo sviluppo di competenze di base di chimica e fisica, con particolare attenzione alla risoluzione di problemi. Entrambi i corsi prevedevano lezioni frontali e non richiedevano alcun prerequisito formale, ad eccezione di conoscenze relative all’algebra di base.

I docenti di entrambi i corsi si sono accordati per adottare lo stesso sistema di valutazione consistente in un esame finale diviso in due parti. La prima parte consisteva in un esame scritto, obbligatorio per l’ammissione alla seconda parte, che, invece, prevedeva un esame orale. Inoltre, per incentivare la partecipazione attiva degli studenti alle lezioni e per dare loro un feedback utile alla valutazione in itinere, oltre che ad incoraggiarli a studiare regolarmente, i docenti assegnavano periodicamente dei compiti a casa, comprendenti sia test a risposta multipla che esercizi a risposta aperta relativi al programma svolto durante il corso.

4. Strumenti

In questo studio sono stati utilizzati i seguenti strumenti.

Introductory Chemistry Inventory (ICI): questo strumento, sviluppato a partire da studi precedenti [23, 24], comprendeva 13 item a scelta multipla, 8 dei quali a due livelli (primo livello = conoscenza; secondo livello = giustificazione della risposta) e 5 in formato singola. I quesiti indagavano argomenti comunemente affrontati nei programmi scolastici di chimica della scuola superiore italiana: stati della materia; fenomeni termici; reazioni di ossidoriduzione; stechiometria; soluzioni. In figura 1 è riportato un esempio di domanda a due livelli.

Introductory Physics Inventory (IPI): questo strumento, sviluppato a partire dai “Concept inventory” sulle forze [25] e su energia e moto [26], comprende 8 item a due livelli e 5 item a un livello. I quesiti riguardavano argomenti comunemente affrontati nei programmi scolastici di fisica delle scuole secondarie: i principi di Newton, il moto circolare, la forza gravitazionale, le trasformazioni di energia, il teorema lavoro-energia, tutti presenti nei programmi di fisica delle scuole superiori italiane. In figura 2 è riportato un esempio di domanda a un livello.

A ogni item dei questionari ICI ed IPI, sia a uno che a due livelli, è stato infine associato un livello in cui veniva richiesta la confidenza nella propria risposta utilizzando la formulazione riportata in figura 3.



Figura 1. Esempio di domanda dello strumento Introductory Chemistry Inventory (ICI)


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Figura 2. Esempio di domanda dello strumento Introductory Physics Inventory (IPI)



Figura 3. Formulazione della richiesta di confidenza nella propria risposta

5. Analisi dei dati

Per ottenere l’accuratezza dell’autovalutazione per ogni studente, abbiamo prima valutato le risposte ai test ICI e IPI, assegnando 1 punto per ogni risposta corretta agli item a un livello; nel caso, invece, degli item a due livelli, abbiamo assegnato 1 punto se la risposta ad entrambi i livelli di conoscenza e di motivazione della risposta erano corretti.

L’alfa di Cronbach è pari a ٠,64 complessivamente, mentre se si considera solo la scala della chimica è 0,52, e per la sola scala di fisica è 0,51. Tali valori possono essere considerati accettabili per un questionario che misura i costrutti legati alla comprensione concettuale, dove ci si aspettano basse correlazioni tra le risposte [27].

L’affidabilità della scala di confidenza per tutti e 26 gli item è eccellente (alfa di Cronbach = 0,95). Anche l’affidabilità della scala di fiducia per le singole scale di chimica e fisica è eccellente: 0,91 e 0,93, rispettivamente.

Abbiamo poi calcolato l’accuratezza dell’autovalutazione per ogni studente, sottraendo al punteggio medio della confidenza il punteggio medio ottenuto nei due questionari disciplinari ICI e IPI. Infine, abbiamo eseguito una serie di analisi della varianza fattoriale a due vie, utilizzando l’accuratezza dell’autovalutazione come variabile continua dipendente e le seguenti variabili categoriali: “esito all’esame” (variabile binaria, 1 = superamento esame, “pass”; 0 = esame non superato, “fail”), genere (variabile binaria, 1 = genere femminile; 0 = genere maschile) e “performance scolastica” (variabile binaria che tiene conto sia del voto all’esame di stato che del voto in chimica e fisica all’ultimo anno, 1 = “very high performers”, cioè voto = 100 e voti > 7; 0 = “medium-high performers”, cioè tutte le altre combinazioni). L’analisi della varianza fattoriale permette di studiare le differenze in una variabile continua tra due o più gruppi (nel nostro caso gli studenti che passano o non passano l’esame), controllando gli effetti dovuti a sottogruppi esistenti in entrambi i gruppi (studentesse e studenti, very high performers e medium-high performers).

6. Risultati

I grafici in figura 4 mostrano i risultati dell’analisi della varianza a due vie quando si considerano come variabili categoriali indipendenti l’esito dell’esame e il genere.



Figura 4. Andamento dell’accuratezza dell’autovalutazione in fisica e chimica in funzione dell’esito all’esame e del genere; per la spiegazione delle etichette sugli assi e della legenda vedi testo


Osserviamo che in fisica sia i ragazzi (in blu) che le ragazze (in rosso) che non superano la prova risultano essere sovra-confidenti e che questo effetto è particolarmente accentuato nel caso dei ragazzi. Al contrario, quando si considera chi supera l’esame, ciò che emerge dai dati è che sia i ragazzi che le ragazze sono sotto-confidenti e, in tal caso, non vi è una differenza statisticamente significativa tra i due generi. È interessante, inoltre, notare che la media di accuratezza di valutazione è di circa –0,3, ciò significa che nel caso della fisica gli studenti sono ampiamente sotto-confidenti.

In chimica gli studenti risultano essere mediamente più calibrati (la media dell’accuratezza di valutazione è di poco inferiore a 0). Tuttavia, anche in questo caso, ritroviamo che ragazzi e ragazze che non superano l’esame sono sovra-confidenti, con i ragazzi che risultano essere più sovra-confidenti delle ragazze. Fra coloro che superano l’esame abbiamo, invece, un’inversione: a differenza di quanto visto in fisica sono i ragazzi a essere meno confidenti delle ragazze.

Questo risultato può essere interpretato facendo riferimento al fatto che studenti che si sottovalutano sono maggiormente spinti a impegnarsi nello studio per compensare quella che ritengono essere una loro preparazione insufficiente. Al contrario studenti sovra-confidenti sottostimano la necessità di impegnarsi nello studio, ritenendo di non averne bisogno. Un altro risultato interessante che emerge dalla nostra analisi riguarda le differenze di genere nella stima dell’accuratezza dell’autovalutazione. In particolare, emerge che le studentesse tendono a sovrastimare la loro preparazione in misura minore rispetto ai maschi.

In figura 5 sono mostrati i risultati ottenuti utilizzando l’esito all’esame e il background scolastico come variabili indipendenti.


Figura 5. Andamento dell’accuratezza dell’autovalutazione in fisica e chimica in funzione dell’esito all’esame
e del background scolastico; per la spiegazione delle etichette sugli assi e della legenda vedi testo


Nel caso della fisica si nota che, fra coloro che non superano l’esame, gli studenti con una preparazione medio-alta (“medium-high performers”, in verde in figura 5) sono significativamente più sovra-confidenti di coloro che hanno una preparazione più solida (“very high performers”, in rosa in figura 5) e che risultano essere, quindi, meglio calibrati. Anche nel caso degli studenti che superano l’esame si verifica una situazione analoga. Nel caso dell’esame di chimica, i risultati sono simili a quanto emerge per l’esame di fisica, tuttavia, in questo caso, possiamo osservare che mediamente gli studenti sono meglio calibrati.

7. Conclusioni

La correlazione tra la capacità di autovalutazione e la probabilità di superare l’esame supporta la necessità di investire in azioni e strategie finalizzate a migliorare in studenti e studentesse la capacità di autovalutazione. I risultati che emergono da questo studio suggeriscono che la mancanza di accuratezza metacognitiva e il conseguente bias di eccessiva fiducia possono essere dannosi, specialmente per gli studenti con scarso rendimento, che potrebbero non percepire la necessità di migliorare la loro regolamentazione dello studio. In quest’ottica, ci si propone di lavorare per inserire nei corsi di formazione docenti il tema dell’autovalutazione degli studenti e di sviluppare con gli stessi docenti strategie didattiche alternative (come ad esempio Interactive lecture demonstrations, Scaffolding, Guided inquiry, Investigative science learning environment) che possano supportare gli studenti nell’autovalutarsi già dalle scuole secondarie. A tali azioni saranno affiancate azioni di formazione rivolte ai colleghi che sono incaricati di tenere i corsi al primo anno dei corsi di studi universitari, affinché possano supportare ancora più efficacemente gli studenti nel passaggio scuola-università, implementando strategie didattiche utili a migliorare la capacità di autovalutazione dei nuovi iscritti.

Riferimenti

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1 Il dato ANVUR si riferisce a studenti iscritti ad un dato corso di laurea che, per qualsiasi motivo, non si iscrivono dal primo al secondo anno. Il dato include anche studenti lavoratori in ritardo con gli studi, o studenti che scelgono di iscriversi ad altro corso di laurea.