Termodinamica: odi et amo
Margherita Venturi
Mi sono iscritta nel lontano 1966 alla laurea in Chimica Pura, allora quinquennale, che afferiva al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna. Alla prima ora del primo giorno abbiamo avuto il docente di Chimica Generale, il prof. Giovanni Semerano (noto sicuramente ai diversamente giovani come me); entrò in aula con passo fermo, disse a malapena buongiorno, ci girò le spalle e scrisse alla lavagna ∆G = ∆H − T∆S. Poi, sempre rivolto alla lavagna, cominciò un lungo sproloquio spiegando, forse, i simboli che aveva appena scritto. Dico forse, perché non compresi neanche una parola di quello che diceva; io guardavo smarrita gli altri studenti seduti nell’aula che, per la maggioranza, avevano occhi altrettanto smarriti. Alla fine dell’ora (una vera liberazione) seppi dai compagni che arrivavano dagli istituti tecnici ad indirizzo chimico e che, quindi, ne sapevano a pacchi più di me che il docente aveva scritto un’equazione importante della Termodinamica. Questo è stato il mio approccio alla Termodinamica, una parola a me sconosciuta almeno in quel momento!
Ma poi, grazie agli insegnamenti degli anni successivi, mi riappacificai con la Termodinamica che, però, mi incuteva sempre molto timore; anche quando superai con 30 e lode l’esame di Esercitazioni di Chimica Fisica I non riuscii a “sciogliermi” del tutto: ho avuto e continuo ad avere un atteggiamento di grande rispetto, quasi reverente, nei confronti della Termodinamica, una branca della scienza che scriverò sempre con la lettera maiuscola.
Forse il tutto è derivato da quel primo e spiacevole impatto, il che la dice lunga sull’importanza di utilizzare adeguati approcci didattici quando si insegnano temi delicati come quelli che tocca la Termodinamica (ancora una volta mi è venuto spontaneo usare la lettera maiuscola), temi che, certamente, non possono essere “dati brutalmente in pasto” alle matricole.
Come ho detto, fra me e la Termodinamica c’è tuttora un rapporto di sudditanza: io in basso e Lei in alto a sovrastarmi con i suoi tanti e bellissimi concetti, dalle mille subdole sfaccettature, alcune delle quali non riesco ancora ad afferrare fino in fondo. Allora, questo numero del CnS è proprio il benvenuto, perché i suoi contributi per me sono stati illuminanti e hanno in qualche modo ridotto quella distanza che grava fra me e la Termodinamica.
Nel primo articolo, che affronta gli aspetti storici, ho fondamentalmente scoperto il volto umano della Termodinamica, i nomi dei grandi scienziati che hanno permesso il suo sviluppo; nel secondo articolo ho ritrovato, nelle riflessioni dell’autore, i miei dubbi e i miei crucci da studente; il terzo contributo ha risposto alle mie domande da chimico adulto, che riguardano l’impossibilità di spiegare la “vita” usando la Termodinamica classica; il quarto contributo, infine, mi ha portato nell’affascinante mondo delle reazioni oscillanti e nelle difficoltà incontrate da coloro che le hanno scoperte e che a lungo sono stati ignorati, o meglio misconosciuti, dalla scienza tradizionale.